Che cos’è l’Arte-Terapia: definizione e applicazioni
Si
definisce arteterapia
un insieme di metodiche psicoterapeutiche
di sostegno appartenenti a diverse aree concettuali (analisi transazionale,
cognitivista, ecc.) con scopi riabilitativi, psicopedagogici, psicoterapeutici
e preventivi di forme di disagio psicosociale , che prevedano l'uso sistematico
di pratiche espressive
visivo-plastico-pittoriche tradizionalmente considerate artistiche, con
l’assistenza e la coadiuzione di un esperto di tali pratiche espressive.
Come abbiamo visto l’arteterapia può essere
definita come l’insieme dei trattamenti psicoterapeutici, soprattutto di
sostegno, che utilizzano come principale strumento il ricorso all’espressione
artistica allo scopo di promuovere la salute e favorire la guarigione, e si
propone come una tecnica dai molteplici contesti applicativi, che vanno dalla
terapia e la riabilitazione al miglioramento della qualità della vita.
Le
risorse utilizzate sono le potenzialità che ognuno di noi possiede, chi più chi
meno, di elaborare il proprio vissuto e di esprimerlo creativamente; dove
educare sta per e-ducere,
cioè portar fuori e, nella pratica terapeutica e riabilitativa, portar fuori
dal buio verso una maggiore conoscenza e consapevolezza.
Il focus
dell’arteterapia, più che sul prodotto artistico finale, è sul processo creativo in sé. Ciò che è
importante è soprattutto l’esprimersi, il creare. L’atto di produrre un’
impronta creativa, infatti, permette all’individuo di accedere agli aspetti più
intimi e nascosti di sé, di contattare ed esprimere le emozioni più recondite e
spesso inaspettate, e di sperimentare e potenziare abilità spesso ignorate o
inutilizzate. In questo senso il processo creativo, al di là del contenuto e
del risultato finale, è già terapeutico in sé.
Ciò
non toglie che queste impronte creative, e cioè i prodotti finali
dell’espressione artistica, possano svolgere altre importanti funzioni. Prima
di tutto rappresentano per “il creatore” una traccia di sé, la testimonianza
della propria auto-affermazione e il ricordo delle esperienze vissute durante
la sua produzione, e dunque un punto di partenza per ulteriori riflessioni.
Inoltre, in quanto rappresentazione simbolica del mondo interno del soggetto,
rappresenta per il terapeuta uno strumento privilegiato di accesso ai suoi
contenuti interni, e dunque un materiale molto ricco ai fini della diagnosi e
di una maggior comprensione del paziente.
Come
tecnica terapeutica e riabilitativa l’arteterapia si è sviluppata solo di recente (circa una cinquantina di anni
fa) in seguito ai successi ottenuti da alcuni specialisti in attività creative
nell’ambito dell’assistenza sanitaria, della riabilitazione e dell’educazione
speciale.
Il
concetto stesso di arteterapia è dunque relativamente nuovo. Le sue origini,
tuttavia, possono essere rintracciate nell’antico ed eterno rapporto tra
cultura, arte, e sviluppo sociale.
L’esercizio del produrre la propria impronta
creativa può essere considerato come indice di salute dell’individuo.
Da
sempre l’arte è considerata una forma di comunicazione importante, che riesce
ad arrivare dove le parole non riescono ad arrivare. Proprio per questa sua
peculiarità l’arte è stata spesso oggetto di interesse per molti studiosi nel
campo della psicologia.
Già
lo stesso Freud si interessa all’arte. Egli tuttavia definisce l’artista come “uomo che si
distacca dalla realtà poiché non riesce ad adattarsi alla rinuncia al
soddisfacimento pulsionale che la realtà inizialmente esige, e lascia che i
suoi desideri di amore e di gloria si realizzino nella vita della fantasia”
(1911). L’artista, cioè, “trasforma le sue fantasie in una creazione artistica
invece che in sintomi” . Per cui, il prodotto artistico per Freud si rivela
specchio del mondo interno del soggetto, delle sue strutture e dei suoi
processi psichici, e la creazione artistica diventa materiale di
interpretazione per l’analista.
Anche
se appare evidente la concezione patologica dell’arte (Freud coniò anche il
termine patografia), e l’attenzione sul prodotto più che sul processo
artistico, resta però il fatto che già Freud aveva colto la straordinaria
peculiarità dell’arte come strumento privilegiato di accesso ed espressione dei
propri contenuti interni.
Anche
se da un’ottica molto diversa, anche Jung ha parlato di arte come un mezzo per
contattare e esprimere le immagini appartenenti all’inconscio. A differenza di
Freud, però, Jung (1966) porta l’attenzione
sul processo creativo, che consiste, a suo parere, nell’attivare le immagini
archetipiche inconsce, rielaborarle e tramutarle in un prodotto finito.
L’artista è dunque colui che traduce le immagini archetipiche che derivano dal
profondo inconscio nel linguaggio del presente, rendendole così comprensibili a
tutti. A partire dalla sua teoria degli archetipi e dal concetto di inconscio
collettivo - e ben lontano dalla concezione patologica di Freud - Jung
attribuisce, dunque, all’arte un valore sociale.
Del
valore sociale dell’arte, in quanto mezzo fondamentale di comunicazione in cui
le emozioni individuali diventano generali e collettive, hanno parlato altri
analisti. Hanno inoltre trattato del concetto di creatività e di immaginazione, ritenuti due momenti integranti e
indispensabili ad una corretta conoscenza
della realtà. La creatività stimola alla ricerca di nuove soluzioni e al
cambiamento, dunque l’espressione artistica non è più una fuga dalla realtà,
bensì ne diventa uno strumento di conoscenza fondamentale. Comunque, quelle che
sono considerate le vere fondatrici dell’arteterapia sono Margaret Naumburg e Edith Kramer.
Margaret Naumburg (1947), di stretta derivazione psicodinamica, ha
una visione molto vicina a quella di Freud e considera il prodotto artistico
del paziente come uno strumento d’accesso ai suoi contenuti inconsci, da
utilizzare nel corso della terapia come materiale da interpretare e favorire
così l’insight e la risoluzione dei conflitti interni. L’espressione artistica
del paziente è dunque vista ed utilizzata esclusivamente come strumento
diagnostico. L’arte, dunque, come
strumento ai fini della terapia, e non arte come terapia.
Edith Kramer (1958), invece, si muove da un’ ottica
completamente diversa e concentra l’attenzione sul processo creativo, ritenuto di per sé uno strumento terapeutico.
L’espressione artistica del paziente non è vista solo come mezzo per
l’espressione dei conflitti inconsci, ma come strumento per la loro risoluzione
e come risorsa per la crescita e la
maturazione personale. Arte, dunque, finalmente, come terapia.
L’applicazione dell’arte-terapia si sviluppa con Edith Kramer.Dal 1958 in poi si
può parlare di arteterapia vera è
propria, e cioè, come si è già detto, con lo spostamento dell’attenzione dal
prodotto artistico come materiale da interpretare, al processo creativo vero e
proprio, che, avvalendosi di simboli e metafore, coinvolgendo il soggetto in
attività che implicano un impegno sensoriale e cinestesico, si propone come un
mezzo per identificare ed esprimere le proprie emozioni, e per comprendere e
risolvere certe difficoltà.
Si definisce
arte-terapeuta una precisa figura professionale formata per utilizzare
metodiche artistiche in stretta collaborazione con uno psicologo/psicoterapeuta
in un preciso setting terapeutico.
L'Arteterapia contribuisce quindi alla
diagnosi, alla presa in carico e al trattamento del disagio psicologico e sociale.E’ rivolta a differenti utenze: minori, anziani,
disabili,, ammalati di Aids, pazienti oncologici e cardiopatici, nelle
dipendenze, nelle condotte trasgressive, nei disturbi alimentari, ma
attualmente anche nell'area del benessere e della salute. La natura
multidisciplinare (artistica,
psicologica e pedagogica) dell'Arteterapia inserisce l'arteterapeuta tra le
diverse figure professionali coinvolte nei
programmi di prevenzione, cura, benessere.
L'arteterapeuta ricorre ad un codice
linguistico diverso rispetto alla parola che rimane tradizionalmente alla base
e di pertinenza di altre forme di
terapia psicologica. Compito dell'Arteterapeuta è accompagnare l'utente nella
scoperta del "fare" artistico mentre lo psicoterapeuta sostiene con
la verbalizzazione la consapevolezza di
quanto espresso nella forma artistica.
La messa in forma visiva e concreta rende
condivisibili le immagini e, grazie alla strategia di base della terapia,
permette agli utenti di rendere riconoscibili desideri, traumi, aspirazioni,
inquietudini e problemi che altrimenti rimarrebbero sopiti e non compresi. In fondo è sempre più facile
parlare delle tensioni o delle ombre espresse su una tela, che parlare dei
propri conflitti e di ciò che di noi ci ripugna. All'interno d'una protetta e
concordata relazione d'aiuto, grazie ad un percorso di cura individualizzato e
tutelato, tramite segni, forme e
materia, nasce il rinforzo, la possibilità di esprimersi senza essere giudicati
e quindi di gestire meglio il proprio malessere, fino ad una possibile
risoluzione..
Fare A. in questa prospettiva significa
collaborare con il paziente per costruire
una gerarchia negli atti creativi esaminando varie ed eclettiche soluzioni a
problemi e tematiche. E’ fondamentale affiancare immagini
(rappresentazioni) a metodi artistici
per correggere, inquadrare, capire, assecondare
e trasformare rispettando le caratteristiche e le potenzialità del
singolo utente.
Quindi lo scopo dell'A. non è
interessarsi al prodotto artistico in sé,
scoprire talenti e facilitare esposizioni, ma avvicinarsi all'esperienza
interiore che questo prodotto veicola.
L’A. in un certo senso “utilizza” le
capacità dell’emisfero destro del cervello ( soprattutto se alcune abilità
dell’emisfero sinistro sono carenti o nulle) nell’ambito di un preciso
programma terapeutico a doppia conduzione rivolto all’utente o al gruppo di
utenti..
1a ) Arte terapia del processo creativo
L’esercizio dell’arte è un indice di salute dell’individuo e
genera a sua volta salute.
È stato dimostrato che quando una persona è immersa in
un’attività creativa riceve una serie di sollecitazioni a livello fisico,
intellettuale e emozionale i quali producono mutamenti organici e psicologici
che favoriscono i processi di guarigione in senso lato. (onde alfa, endorfine,
rallentamento battito cardiaco, possono essere alcuni effetti)
Nel fare arte l’artista si riappropria delle modalità di
conoscenza e di azione sul mondo tipiche del Bambino ( ved. Analisi
Transazionale, bibliografia.). Vi è infatti una totale presenza e
coinvolgimento verso ciò che si sta vivendo, la curiosità spinge a
sperimentarsi in tutte la proprie potenzialità, e per di più, divertendosi. La
fatica e l’ansia che possono assalire l’adulto nel momento espressivo,
costituiscono un grave handicap che spesso
porta a perdere il piacere del fare arte per deviare in automatismi,
comportamenti fissi e ripetitivi, sicuramente più comodi e rassicuranti, ma non
evolutivi. A questo proposito potremmo esaminare, in un eventuale prossimo
incontro, quali sono le situazioni più ricorrenti che inibiscono il libero
fluire dell’espressione di sé. L’artista è coinvolto nella sua totalità mente
corpo.Come dice Gaston Bachelard in certi momenti “Io non sono più nel mondo.
Io sono il mondo.” L’impegno intellettivo e cognitivo è legato
all’immaginazione e all’idea azione del prodotto ma, nel momento del fare,
viene sollecitato un impegno percettivo, sensoriale e motorio. La difficoltà
personale di integrare le fratture fra psiche e soma, mente e corpo, genera
spesso blocchi e frustrazioni che vengono sanate dal fare arte . Questo,
ovviamente, vale per tutti!
L’attività artistica promuove l’attivazione dell’emisfero destro del cervello che
presiede alle attività legate al pensiero
analogico (intuizione, segnali corporei, immaginazione, fantasia). Nel
modello occidentale il pensiero analogico è ritenuto meno importante rispetto
al pensiero logico razionale, legato all’attività dell’emisfero sinistro. Ma il
nostro senso di benessere, e l’autostima che ne deriva, necessitano
dell’attività congiunta dei due emisferi del cervello per poterci adattare
adeguatamente ai molteplici mutamenti del reale in cui viviamo. Il così detto “pensiero laterale” dell’emisfero
destro è fondamentale per arginare i limiti del pensiero logico formale al fine
di appropriarsi di nuove modalità di guardare e operare sulla realtà,
identificare e affrontare blocchi emozionali, aumentare l’autoconsapevolezza,
incrementare l’autostima e la percezione di autoeffacacia, affermare la propria
individualità sviluppare nuove strategie di comportamento, incrementare
capacità relazionali e comunicative, elaborare una propria dimensione spazio
temporale.
È la coscienza di un’ambivalenza ma di un’ambivalenza
eccitata, attiva, dinamica, che costringe
a valorizzarsi.
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Silvana Dallera: "Anche se da un’ottica molto diversa, anche Jung ha
parlato di arte come un mezzo per contattare e esprimere le immagini
appartenenti all’inconscio". |
2 ) Le forme e i prodotti delle arti-terapie: arti visive e arti
plastiche
L’incisione
L’incisione è una tecnica adatta ad un utente risoluto nei confronti della materia.
Per lui la materia esiste. Ed esiste immediatamente sotto la mani che lavorano.
La materia è varia, può essere pietra, ardesia, legno, rame, zinco. Essa è
dunque il primo avversario dell’utente poiché possiede simbolicamente tutte le
molteplicità del mondo ostile, del mondo
da dominare. Chi incide è sorretto da una fantasia di volontà, cerca la
perfezione, la pazienza, la puntigliosità. Il processo è costellato di collere
sottili e felici che sono per l’utente altrettanti incoraggiamenti a volere. La
salutare efficacia e prudenza delle mani di chi incide ha un esito estetico che
non riesce quasi mai a nascondere la storia del lavoro. Un attento osservatore
potrebbe riviverlo perfino dopo le astuzie dell’acido sul rame, dopo i diversi
stratagemmi degli intagli su legno o l’approccio predente alla granitica
epidermide della pietra.
L’incisone è l’arte che sola fra tutte non può ingannare, è primitiva, preistorica. L’originaria
materia che l’artista ha lavorato non si lascia tradire o mascherare. Questo
tipo di produzione stimola le immagini del risveglio, della sorpresa. Può
essere adatto per utenti che devono ritrovare
carattere, volontà, bisogno d’agire, provocare è il suo modo di creare
attraverso il duello delle materie. L’incisore
è lo scultore della pagina bianca.
Il disegno
Produrre un disegno significa avvicinare fra loro due
materie, la matita nera verso la carta.
La carta viene risvegliata dal suo incubo bianco. A quale
distanza inizia l’intimo richiamo reciproco del nero e del bianco? La fisica
risponde che il flusso d’atomi di carbone invade la carta alla distanza di un
decimillesimo di millimetro. Ma gli atomi sono mille volte più piccoli!
Ora la falange dei sogni attivizza l’accostamento delle
materie e ne indirizza l’azione.
L’utente attraverso il segno, la forma, il colore sperimenta
un aspetto ludico, uno narrativo e uno conoscitivo. Sia il disegno che la
pittura hanno un valore proiettivo, tanto è vero che sono noti i numerosi test proiettivi che utilizzano le arti
grafiche (test della figura umana di Manchover, il test dell’albero e della
famiglia di Koch e il test della casa di Buck.) A prescindere dai test
qualunque impronta lasciata dall’artista sul foglio o sulla tela può essere
analizzata per il modo in cui viene utilizzato lo spazio, per il tratto, per la
scelta cromatica.
Anche gli strumenti
hanno un loro valore simbolico. Ad esempio matite,
penne, pennarelli, o altri strumenti facili da usare per il loro tratto
nitido e definito sembrano dare sicurezza e infatti sono talvolta usati da
persone con tratti ossessivi compulsivi.
La pittura
La pittura, più che ogni altra arte, è direttamente e
palesemente creatrice. Consciamente o non l’utente percepisce la vibrazione del
colore, sente che il colore vive di un continuo scambio tra materia e luce, fra
armonie e contrasti quindi a causa di questo processo egli rinnova in sé, in
modo terapeutico le grandi fantasie cosmiche. I suoi sogni sono situati tra la
materia e la luce e come un alchimista cerca di escogitare sostanze, accrescere
o spegnere luminosità, provocare contrasti. Il giallo di Van Gogh è un oro
d’alchimista, non è mai un giallo paglierino, è un oro individuato
archetipicamente nei sogni del genio. Non appartiene più al mondo, è proprietà
del cuore di un uomo, è verità elementare scoperta nelle meditazioni di tutta
una vita.
Nell’acquarello l’utente
trasforma la materia necessaria di un elemento naturale, l’acqua, nella materia
libera del sogno e della creazione artistica. Le immagini dell’acqua così
trasparenti lasciano tuttavia impronte indelebili. Tali immagini non stregano
un sognatore qualunque, qui il bambino e il saggio si trovano e talvolta si
congiungono e riflettendone la trasparenza
interiore.
Le tempere, gli olii,
o gli approcci più gestuali sporcano
e richiedono un coinvolgimento maggiore a livello emozionale. Il collage, benché creativo nell’assemblaggio, viene di
solito preferito da persone che si sentono in qualche modo minacciate da un’attività creativa troppo esplosiva.
La scelta invece di utilizzare più strumenti e più tecniche insieme è indice di grande flessibilità ed è molto utile nello
sviluppo del pensiero laterale.
Il modo in cui gli utenti effettuano le loro scelte, ci dice
già molto.
La fotografia e il
video
Musatti già nel 1950 aveva capito l’importanza
psicoanalitica di tali mezzi espressivi, segnalando l’analogia tra sogno e
immagine. Sia nei sogni che nella fotografia, o nella videoproduzione, le
immagini presentano un carattere di realtà
pur non inserendosi nella realtà.
Queste immagini rispondono ai bisogni più intimi
permettendone la soddisfazione allucinatoria.
Qui in particolar modo l’atteggiamento ricettivo (concavo),
così come la scelta della luce e delle ombre luci, una certa “passività del
fare” delegato alla macchina inducono
una particolare modificazione dello
stato di coscienza dell’utente, sia che le immagini siano da lui prodotte,
sia che, come più comunemente accade, gli vengano proposte. Qui i meccanismi
psicologici coinvolti sono principalmente quelli di identificazione e di
proiezione, per cui si affrontano conflitti interni cogliendoli, come oggettivi,
nell’immagine. Essere consapevoli di
questo è un momento molto importante di crescita personale.
Tali mezzi espressivi possono essere usati anche in forma
più attiva, e questo accade quando il gruppo
partecipa alla creazione della sceneggiatura, della scenografia fino
alla produzione e alla recitazione. La
performance, fotografata o filmata è in sé uno psicodramma.
La scultura
La scultura , in particolare, può essere letta come
l’immagine della volontà di ascesa , di
potenza o ironica onnipotenza . Qui
l’artista ha fantasie attive che lo spingono a intervenire sulla materia
“ostile” come la pietra, i marmi, i metalli. Questo processo può essere letto
come una necessità di azione, di estroversione, a volte di contenimento
dell’aggressività.
Le materie terrestri quando l’utente le lavora con mano
curiosa e volenterosa sembrano eccitare la volontà di lavorarle. In questo caso
la scultura sollecita un’immaginazione
attiva di una volontà che sogna e che, sognando, attribuisce un futuro alla
sua azione. È l’homo faber, un modellatore, un fonditore, che non
cerca solo la sua forma precisa, ma anche la materia adeguata, che può
realmente sostenere la sua forma. L’utente ama questo sostegno, la durezza
materiale che conferisce durata alla forma ma, “prevede” la resistenza della
materia e si predispone ad una psicologia
del contro che troverà il suo completamento nelle immagini archetipiche di
una psicologia del dentro. (Anish
Kapoor, pietre cave) La pietra cava suggerisce il bisogno di ritorno alla quiete
delle origini, all’intimità della “casa originaria”, fino all’intimo segreto
riposo della materia. In moltissimi lavori nell’ambito della scultora infatti
si può riscontrare l’azione di una sintesi ambivalente che unisce in maniera
dialettica il contro e il dentro, l’estroversione
e l’introversione. Il prodotto porta dunque una forte impronta del soggetto
e questa traccia è così evidente che si può avere la più sicura diagnostica dei
temperamenti. Ma è soprattutto nell’attività dell’impasto manuale che l’artista compie un gesto archetipico fondamentale, penetrare
nell’umidità della materia con la forza della mano. Qui femminile e maschile si
incontrano.