ABOUT ME

Psicoterapeuta, ho scritto molti articoli e un libro , mi dedico allo studio dei rapporti arte/psiche.

Studi artistici
Pianoforte-Conservatorio di Alessandria
Danza classica ( Susanna Egri e Carla Perrotti, Teatro Regio di Torino e Teatro Erba di Torino)
e moderna Certificato di Decimo anno ( metodo classico e metodo Graham )
Linguaggio corporeo e applicazione delle psicoterapie a focalizzazione corporea (Diploma biennale di Specializzazione).
Accademia di Belle Arti di Bologna

Lavoro in ambito artistico
Consulente in campo artistico e grafico pubblicitario.
Docente di Arte e Psicologia, presso “ Il Mestiere delle arti” , Corso di Alta formazione artistica, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Premio Porticato Gaetano ( pittura)

Iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti
Socia Onoraria “Camera Europea degli Arbitri stragiudiziali e dei Periti esperti”- “Esperto d’Europa in Psicosomatica”

Docenze
Docente di Psicologia Direzione Generale Formazione USSL Torino
Docente e coordinatrice -Società Italiana di Medicina Psicosomatica
Docente e consulente per Riza Psicosomatica dal 1986 al 1992 .
Docente di Arte e Psicologia, presso “ Il Mestiere delle arti” , Corso di Alta formazione artistica, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Marketin e Pubblicità, Selezione e Formazione
Fiat Auto SpA, Torino, Direzione del personale;
Distriborg Italia, Milano.
Artime, Milano
Bijorg (Prodotti Biologici),.
“Riza Psicosomatica”,
Tecniche ed.Riza, Direttore Gianpaolo Lai.-

Pubblicazioni e rubriche
“Controcampo”
“Artime” “No Limits World” (Psicologia dell’estremo)
Gruppo Futura dal 1998 al 2000
dal 1998 “Viver sani” dal 1987 al 1996 “Salute e Prevenzione” dal 1987 al 1996. “Guida alla salute Medica”, ed.Fabbri, sezione Psicologia.Il Corriere, Repubblica, Il Giornale, La Gazzetta dello sport, Controcampo,Class, Monsieur, Grazia, Oggi, Anna, Amica, Gioia, MarieClaire, Vanity Fair, Gioia…

In radio
Radio Rai.
Radio 24 Rubrica fissa in diretta ”Il bello della vita”
Radio Svizzera Italiana.
Radio Dimensione Suono

Televisione
Più TV volte ospite in qualità di specialista presso la RAI, Mediaset, La7 ( e alcune emittenti private e fra cui Mediolanum Channel)
Rai 1 “Uno mattina”
Rete 4 “Il bello della vita”
Canale 5 “M. Costanzo Show”
La 7 , ospite di Fabio Volo

PERCHE' PERCOME PERORA

Anish Kapoor: la realtà che non conosco

"E’ la mia convinzione che il mio sapere come uomo e artista sia di poco interesse. Mi interssa più scoprire realtà che non conosco. 

Può sembrare strano…come vieni a contatto con qulacosa di sconosciuto? Lo raffronto con il discorso tra paziente e analista nella psicoanalisi. 

Qualcosa emerge ed entra nello spazio, quasi fosse una terza entità. "

Anish Kapoor

 






a cura di Silvana Dallera

Hans Lemmen: la testimonianza di un complesso scavo onirico

 

I lavori di Hans Lemmen costituiscono la testimonianza di un complesso scavo onirico di cui ognuno di loro sarà l'unico testimone del suo ritrovamento. Gli habitat, le persone, gli ominidi, gli animali, gli alberi, il paesaggio... tutto così ′′ terreno ", sono i protagonisti diretti di quell'universo ibrido e lucido, mitico e domestico, che non poche volte si addentra nella coscienza dello spettatore, arrampicandosi sull'identità delle sue abitudini e delle sue idee, e risvegliandolo alla possibilità di una natura sconvolgente ma sopravvissuta.



Nato a Venlo, Paesi Bassi, nel 1959, l'educazione artistica di Hans Lemmen si è sviluppata presso l'Academy of Applied Arts di Maastricht tra il 1979 e il 1984, essendo insegnante ospite dell'Art Academy della stessa città tra il 1995 e 2001. Oggi vive e lavora a Waltwilder (Belgio) e Maastricht.

Più conosciuta nei paesi dell'Europa settentrionale, dove ha abitualmente esposto negli ultimi due decenni, la sua opera è rappresentata in grandi musei e collezioni pubbliche e private. Nella sua recente traiettoria, sono state evidenziate due grandi mostre istituzionali: ′′ Of Beasts and Beings ", al Museo De Buitenplaats e ′′ Hibernaculum ′′ presso il Musée de la Chasse et e la Nature di Parigi (Francia).

 






a cura di Silvana Dallera

 

Emilio Vedova - Palazzo Reale Milano 2019


GERMANO CELANT: LA NASCITA DI ARTE POVERA
Germano Celant è nato a Genova nel 1940 da una famiglia di origini modeste. Laureatosi in Lettere (contro la volontà del padre, che l’avrebbe voluto ingegnere), alla fine degli anni Sessanta ha dato vita al movimento di Arte povera, coniandone la definizione e raccogliendo a sé un gruppo di artisti italiani del calibro di Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini, esposti nella prima mostra alla Galleria La Bertesca di Genova. “Là un’arte complessa, qui un’arte povera, impegnata con la contingenza, con l’evento, con l’astorico, col presente, con la concezione antropologica, con l’uomo ‘reale’ (Marx), la speranza, diventata sicurezza, di gettare alle ortiche ogni discorso visualmente unico e coerente (la coerenza è un dogma che bisogna infrangere!), l’univocità appartiene all’individuo e non alla ‘sua’ immagine e ai suoi prodotti”, ha scritto 

Germano Celant in Appunti per una guerriglia, testo teorico fondamentale stilato nel 1967. “Un nuovo atteggiamento per ripossedere un ‘reale’ dominio del nostro esserci, che conduce l’artista a continui spostamenti dal suo luogo deputato, dal cliché che la società gli ha stampato sul polso. 

L’artista da sfruttato diventa guerrigliero, vuole scegliere il luogo del combattimento, possedere i vantaggi della mobilità, sorprendere e colpire, non l’opposto”.
 


Emilio Vedova

Nasce a Venezia nel 1919 da una famiglia di artigiani-operai, inizia a lavorare da autodidatta fin dagli anni trenta. Nel 1942 aderisce al movimento antinovecentista Corrente. 

Antifascista, partecipa tra il 1944 e il 1945 alla Resistenza e nel 1946, a Milano, è tra i firmatari del manifesto “Oltre Guernica”.� Nello stesso anno è tra i fondatori della Nuova Secessione Italiana poi Fronte Nuovo delle Arti.

Comincia ad esporre in mostre personali e collettive sin dagli anni quaranta, ottenendo presto fama internazionale; è del 1951 la mostra a lui dedicata alla Catherine Viviano Gallery di New York.
A partire da quella del 1948, partecipa a svariate edizioni della Biennale di Venezia, manifestazione dove nel 1952 gli viene dedicata una sala personale, nel 1960 riceve il Gran Premio per la pittura e nel 1997 il Leone d’Oro alla carriera.
Nel 1954, alla II Biennale di San Paolo, vince il premio che gli permetterà di trascorrere tre mesi in Brasile, e nel 1956 riceve il Solomon R. Guggenheim Foundation Award for Italy.
Nel 1955 è invitato a Kassel per “documenta 1”, partecipa a “II. documenta”, nel 1964 per “documenta III” presenta l’Absurdes Berliner Tagebuch ’64 e torna ancora a Kassel nel 1982 per “documenta 7”.

Per tutta la vita si dedica con passione alla attività didattica tenendo lezioni in diverse università americane e corsi alla Internationale Sommerakademie für Bildende Kunst di Salisburgo e alla Accademia di Belle Arti di Venezia.
 





 a cura di Silvana Dallera

Installazione
 di Silvana Dallera

 

 Anch'io, se ritornerò, 
ritornerò con il mio primo amore,
che m'aspetta alla ultima stazione.
Se ne andò mentre nn c'ero, se ne andò perché vivere era troppo fangoso.
Nn sono un vigliacco, mi disse.
Ci vuol molto coraggio per vincere l'istinto di sopravvivenza. 
Ci baceremo ancora all'ultima stazione
,come quella sera d'inverno in fondo al tram n 31, in una magica Torino.
Così belli, così felici, così vicino.


SD 

 Installazione
 di Silvana Dallera

#silvanadallera

 




 

EIKON artmagazione - Silvana Dallera - Premio Tiziano - La percezione psicologica nell'arte

Eikon Artmagazine


Premio Tiziano

La percezione psicologica nell'arte

Testo critico a cura di MariaRita Montagnani




"Se la bellezza è intrinseca ed essenziale all'anima, allora la bellezza appare ovunque appaia l'anima. La rivelazione dell'essenza dell'anima, il vero manifestarsi di Afrodite nella psiche, il suo sorriso, nella lingua dei mortali è chiamato "bellezza". Tutte le cose, in quanto mostrano la propria natura innata, presentano l'aureità di Afrodite; esse risplendono, e sono estetiche per questo.

La forma visibile è un'esibizione di anima. L'essere di una cosa è rivelato nella manifestazione del suo Bild, l'immagine. Allora la bellezza non è un attributo, qualcosa di bello, come un bel velo drappeggiato attorno a una virtù: l'aspetto estetico dell'apparenza. Se con il buono, il vero e l'uno non ci fosse bellezza, non potremmo mai sentirli, né conoscerli.

La Bellezza è una necessità epistemologica; è il modo in cui gli Dei toccano i nostri sensi, raggiungono il cuore e ci attirano nella vita.
La Bellezza è anche una necessità ontologica, che fonda le particolarità sensibili del mondo.

Senza Afrodite il mondo dei particolari diventa un'atomizzazione di particelle; la varietà di dettagli della vita viene chiamata caos, molteplicità, materia amorfa, dati statistici. Tale è il mondo dei sensi senza Afrodite; un mondo in cui il senso dev'essere dedotto dall'apparenza, attraverso significati filosofici astratti - il che distorce la filosofia stessa separandola dalla sua base vera.

Se la filosofia nasce nel philos - è legata ad Afrodite anche se in un altro modo; perché il significato originale di Sophia è l'abilità dell'artigiano, del carpentiere, del navigante, dello scultore. Sophia si origina e si connette alle mani estetiche di Dedalo e di Efesto, legato innegabilmente ad Afrodite e intrinseco alla sua natura.

Con Afrodite a ispirare la nostra filosofia, ogni evento ha il proprio sorriso sul volto e appare in una sua maniera, una sua foggia, un suo stile particolari. Afrodite dà uno sfondo archetipico alla filosofia della "singolarità", e consente al cuore di trovare l' "intimità" con ogni evento particolare in un cosmo pluralistico.

Ora, l'organo che percepisce questi volti è il cuore. Il pensiero del cuore è fisiognomico. Per percepire deve immaginare, vedere le fattezze, le forme, i volti - angeli, dèmoni, creature di ogni sorta in cose di ogni genere. Per questo il pensiero del cuore personifica, anima, vivifica il mondo.

Questo legame tra il cuore e gli organi di senso non è semplice sensazionismo meccanico: è un legame estetico. E infatti, in greco, l'attività di percepire o di sentire è aisthesis, la cui radice significa "assumere" e "inspirare" - un rimaner senza fiato, la risposta estetica primaria." (James Hillmann) 

MariaRita Montagnani

Edith, Stampa fotografica lambda, postproduzione, Silvana Dallera, 70x50, 2012



 
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“L’uscita di Cristo dal Vaticano” Daniele Galliano





 “L’uscita di Cristo dal Vaticano”
2020, oil on canvas, cm 100x350
Daniele Galliano

 







L’uscita di Cristo dal Vaticano, olio su tela,100x350, 2020
 


Questo lavoro di Daniele Galliano segnerà la storia dell’arte e sarà studiato a lungo.
Maestro della sintesi anche nel figurativo in questo capolavoro l'artista sceglie di raffigurare una folla di individui nelle loro dettagliate peculiarità, seguendo l’ispirazione delle Sacre Scritture e raffigurando così la nostra missione di esseri spirituali incarnati nel mondo.
Ci sono persone, e imbonitori, giovani e vecchi, sacerdoti e prostitute, ignudi e vestiti, vescovi e suore: una folla che guarda e si protende, individui che non vedono o voltano le spalle. C’è pesino la parvenza d’una presenza demoniaca. Una specie di Giudizio Universale che è Grazia ma anche Spada, Luce e Tenebra, senza omettere i colori delle virtù cardinali. Solo potendo vedere questo capolavoro dal vivo se ne può cogliere l'abbraccio del colonnato michelangiolesco, la ricchezza di dettagli e simboli, alcuni evidenti, altri nascosti.
Non si può che ammirare e constatare che l'opera di Daniele Galliano entra come un fuoco vivo nello spettatore, devastandolo, ma solo per distillarne alchemicamente la presenza.
Sapienza e grande maestria. Ispirazione, mestiere e talento.
Una Visione illuminata.



testo critico di Silvana Dallera







dettagli dell'opera






L'opera di Chicca Regalino


 

In questa potente opera l'artista Chicca Regalino rappresenta la frammentazione dell’uomo e dell’arte, nelle molteplici sfaccettature che ne hanno segnato la storia. La figura umana, di carne viva e di un incarnato rosaceo, evoca, nei colori, violenza e candore. Lo sguardo sgranato e privo di emozioni fa pensare che dietro le celesti pupille viva un automa. In un’epoca in cui l’uomo è prossimo, per sua stessa mano, ad un impari confronto con l’intelligenza artificiale Chicca Regalino suggerisce una riflessione profonda anche attraverso l’evocazione di quei movimenti che nel passato hanno esaltato, cosi come denunciato, i rapidi -e incontrollati-  cambiamenti della società. Dal tentativo di fissare l’uomo nel suo slancio verso il progresso compiuto da cubisti e dei futuristi, al nuovo realismo degli assemblaggi scultorei di Cesar, che denunciavano l’incessante consumo ed accumulo di oggetti, alle provocazioni fotografiche di Cindy Sherman, legate alla manipolazione del proprio volto. Il denominatore, che ci conduce sino all’opera della Regalinoi, vuole suggerire una riflessione su cosa vi sia di celato, -se non soffocato- sotto questi costrutti e quanto essi siano realmente necessari.
Questo processo di offuscamento dell’elemento originario viene rafforzato dal processo di realizzazione dell’opera che viene impostata al buio, laddove la forma è pura, è portata a compimento alla luce, non solo ambientale bensì della ragione e dei suoi condizionamenti.

                                                                                            contenuto critico di Silvana Dallera 





Silvana Dallera intervista Carla Perrotti

 

Carla Perrotti è una donna ferma e gentile, solare e allegra, illuminata da due grandi occhi verdi sempre vivaci, attenti, diretti. Elegante e curata, è tuttavia molto più simile ad una frizzante adolescente che ad una “gentile signora”. 

Ha un sorriso incantevole e lo charme naturale e sereno della buona borghesia. Sportiva con classe, la si potrebbe immaginare in un campo da golf o da tennis, piacevolmente impegnata in una partita fra amiche. La pelle curata e l’abbronzatura naturale di chi ama la vita all’aria aperta evocano immagini morbide e solari: la si potrebbe vedere mentre cura il giardino, riposa all’ombra, legge tranquilla. 

Carla parla volentieri della sua famiglia, che adora. Il marito Oscar con cui spesso condivide sogni e avventure, viaggi e reportage e a cui deve le più belle ed emozionanti immagini fotografiche delle sue imprese. Il figlio Max che studia con profitto ed è ragazzo impegnato ed attento, curioso ed entusiasta, ma va seguito, come tutti i ragazzi della sua età. Eppure questa signora/ragazzina bella e sorridente, moglie e madre premurosa, nell’ottobre del 1991 attraversa con una “carovana del sale” Tuareg il terribile deserto Tenéré, in Niger, con temperature di 60 gradi ed escursioni termiche di più di 50 gradi. Nell’ottobre del 1994 a piedi, da sola, trascina un carrettino a tre ruote con un carico di 130 kg. sul Salar De Uyuni, un lago salato sulle Ande Boliviane a 3653 m. di quota. Percorre 170 Km. in 101 ore di cammino sulla crosta di sale del lago spessa 10 metri. L’11 aprile 1996 parte, zaino in spalla, da Mamuno, al margine del deserto del Kalahari , in Botswana. Dopo 15 giorni e 350 km. di cammino giunge a Lehututu, attraversando in assoluta autosufficienza uno dei più terribili e pericolosi deserti del mondo. Carla Perrotti è la prima donna ad aver attraversato il Kalahari ed il deserto del Tenéré, è la prima persona ad aver attraversato da sola il Salar de Uyuni in Bolivia, il più vasto lago salato della terra. E ora si accinge a attraversare in solitaria ed in autonomia il deserto del Taklamakon in Cina, il 2° al mondo per estensione dopo il Sahara. Sabbia e dune per oltre 800 Km, con escursioni termiche minime di 40°. Un percorso estremo, mai affrontato in solitaria prima d’ora.  

Ma chi è veramente Carla Perrotti ?  

“Prima di tutto una persona normale, con le debolezze ed i problemi di tutti. Una moglie ed una madre normale, con passioni forse un po’ anormali. Viaggiatrice per vocazione, il mondo è la mia vera casa. Non mi riconosco profondamente in nessun luogo o citta, ma solo nel luogo interiore degli affetti più cari. Ed è agli affetti più cari che faccio ritorno ogni volta, con gioia, dopo le mie imprese. Amo mettermi alla prova, sono istintiva, impulsiva, entusiasta. Ma quando prendo una decisione, un impegno, prevale la mia parte razionale, non accetto scuse, ritardi, superficialità, compromessi. Allora mi chiamano “la tedesca”. Pensi che sia difficile per tuoi familiari vivere con te?  

“Bella domanda...Bisognerebbe chiederlo a loro... Seriamente: non credo. Io ho interiorizzato profondamente regole, valori, ai quali non vengo meno. Ma non sono rigida. Come ogni viaggiatrice esperta credo di saper cogliere segni, umori, atmosfere, necessità. E in questi casi modifico la mia rotta nel modo più opportuno. La mia rotta interiore, s’intende”.  

Cosa ami fare nella vita di tutti i giorni. Hai gusti, passioni, abitudini particolari ?  

“Io adoro fare la moglie e la madre. Amo cucinare, anche se spesso il tempo non me lo permette. Date mie origini austriache mi diverto a preparare strudel, marmellate, torte. Amo curare la tavola, che deve essere elegante e sobria e desidero pranzare con i miei cari ogni giorno alla stessa ora, tutti insieme, in serenità. Amo anche ricamare, cucire, creare con le mani. E poi leggere. A questo non rinuncio mai, neppure in viaggio, neppure in tenda nel deserto. E poi mi piace praticare il giardinaggio. Affondare le mani nella terra, respirare l’odore umido delle zolle, veder crescere le piante, incantarmi di fronte ad un minuscolo insetto, una foglia. La natura e gli animali... Ho la passione per gli animali. Ne ho “ospitati” sotto il mio tetto di ogni specie, persino serpenti”.  

Cosa pensano di te e delle tue imprese le persone che ti sono più vicine, tuo marito, tuo figlio ? Hanno paura, tremano per te ? Cercano a volte di dissuaderti ?  

“Dissuadermi mai. Anzi a volte Oscar mi incita in modo così entusiasta che scherzando gli chiedo se non stia cercando il delitto perfetto! Oscar mi accompagna e mi sostiene sempre, organizza con me molte avventure ed è partecipe delle mie emozioni più intense, anche come fotografo. Mio figlio è orgoglioso di me, è entusiasta. E’ stato il primo lettore del mio libro “Deserti” ed io ne sono felice. Certo anch’io non sono una madre assillante, ansiosa. Max pratica molti sport, alcuni duri e pericolosi, ma non gli impedisco mai di osare nuove esperienze. La mia famiglia in fondo è una squadra. Sottovoce vorrei dire “vincente”, poiché su ogni obiettivo ci muoviamo insieme, se non materialmente, certo moralmente e spiritualmente. La vittoria di uno è la vittoria di tutti, i problemi di uno sono i problemi di tutti. E questo ci permette di vivere la vita con pienezza e con gioia. Anche con qualche timore, è ovvio, ma questo é normale”.  

Come tu m’insegni “deserto” in greco si dice “eremos”. Per questo vennero definiti eremiti i primi monaci cristiani che si ritirarono nel deserto per esplorare la propria intima natura e quella del mondo, con il solo aiuto di Dio. Cosa hai scoperto della tua natura più profonda nel deserto ? C’è qualcosa, a questo proprosito, che ci vuoi raccontare ? E Dio... esiste davvero fra le mille dune di sabbia ? E se esiste, che volto ha?  

“Vedi, anche nella vita di tutti i giorni credo sia possibile scoprire l’altra parte di sé. Ma da soli, di fronte all’ estremo, la scoperta è netta, drammatica, inequivocabile. C’è una Carla conservatrice, più timorosa, ed una sicura, certa di essere ok, pronta a mettersi alla prova. E’ questa Carla che vive l’inesprimibile: la libertà, il silenzio, l’eternità, la relatività del tempo e dello spazio, il destino, la presenza di Dio. Non faccio riferimento ad un Dio particolare, ma ad una Suprema Presenza che è con me, nella notte e nel giorno. La percepisco fisicamente. Quando, dopo il primo periodo di adattamento al deserto io non sono più “nel” mondo, ma sono “il “ mondo, il pensiero rallenta ed assume nuove forme. Non più causali, razionali, ma simboliche, analogiche. Nel passaggio dal pensare al sentire io avverto la Presenza e la Presenza parla il linguaggio degli eventi della natura. Un temporale, una pozza d’acqua, un insetto...sono accadimenti significativi, manifestazioni, segni di un destino che si deve compiere e che può compiersi solo con l’aiuto di Dio. Io affermo che le mie imprese avvengono in solitaria, ma non sono mai sola realmente. La Presenza è con me, in me, nella natura che mi circonda. Reale, quasi tangibile. Per me non si tratta più di “credere”, ma “vivere” l’esperienza del divino. Qualcuno dice che in fondo io vivo un’illusione, proietto l’immagine del divino che è in ognuno di noi...Sarà! Io non mi sento così potente. In questo caso anche al “ No limits “ c’è un limite”.  

Leggendo il libro “Deserti” che hai da poco pubblicato sono rimasta profondamente colpita dall’intensità delle tue “immagini del silenzio”. Scorrendo fra le righe con attenzione fluttuante (scusa, non è un modo per esprimere disattenzione, è solo deformazione professionale) scopro che il deserto viene da te percepito simbolicamente in due modi. Da un lato esso è il Principio originario, l’ indistinto, l’indifferenziazione della materia, inizio e fine di ogni esistente, dall’altro esso sembra rappresentare il Nulla, l’estensione superficiale e sterile della materia stessa, la vita cieca di ogni giorno, i percorsi inutili, i passi perduti, al di là dei quali va ricercata la vera Realtà, che è vita, gioia, amore. Ma la Realtà, oltre la quale non esiste nulla se non miraggi ed illusioni, può essere ritrovata solo attraverso una radicale esperienza spirituale. Ed è un’”illuminazione” infatti che ti ha consentito di intraprendere il tuo primo viaggio, di vedere al di là delle apparenze, di volere al di là di ogni timore, di percepire al di là di ogni limite. Attraversare il deserto con umiltà e consapevolezza, con amore e grazie all’amore, così come tu hai fatto, è una straordinaria esperiemza estrema. Tu scrivi nell’ ultima pagina del tuo libro “ Come le volte precedenti è stato l’amore la chiave vincente. L’amore per il deserto, per gli animali, per il proprio sogno, ma questa volta si è aggiunto anche l’amore per la vita: la vita è gioia... Non posso fare altro che diffondere il messaggio (che mi è stato insegnato) augurandomi che gli uomini che lo ricevono riescano a comprenderne l’immenso valore.”  

Cosa hai appreso nel deserto circa la vita , la morte, l’amore ?  

“L’amore e l’equilibrio sono le chiavi della vita. Nulla accade senza amore e senza rispetto per sé e per gli altri. Nel dolore e nella sofferenza fisica ho appreso che la vita è gioia e va colta interamente. Bisogna essere protagonisti del proprio destino”.  

Allora potremmo dire che il modo migliore per predire il proprio futuro è progettarlo?  

“Credo di sì. Credo che se fossimo più sensibili e coscienti forse potremmo progettare anche la nostra morte. Come i boscimani, che si allontanano serenamente dal gruppo quando è giunta l’ora. Il mio obiettivo estremo è forse questo. Abbandonare con gioia la vita quando la vita si sarà compiuta, senza essere di peso agli altri, senza rimpianti, senza cieco attaccamento a ciò che in fondo non mi appartiene. E poi vorrei le mie ceneri sparse nel deserto e nel mare, perchè nel deserto ho scoperto la vera Realtà, ma nel mare ritrovo le mie origini, la Sorgente. Come vedi...non solo l’estremo...ma da un estremo all’altro!”  

L’infinito mare di sabbia parla alla mente, al corpo ed allo spirito dell’uomo, ma si concede solo a chi è profondamente attento a sé ed alle leggi della natura, a chi conosce l’ “amore”, che è “grazia”, “illuminazione”, “gesto consapevole”. Mente e corpo imparano che senza profondo equilibrio ogni impresa è vana, ogni dibattersi inutile, ogni “record” privo di senso. Lo spirito riconosce la supremazia del Silenzio: niente esiste senza di esso, tutto esiste in esso. E’ questo, Carla, il tuo “centro di gravità permanente” ? E’ questo silenzioso richiamo che ti spinge a nuovi percorsi, nuove imprese, oltre ogni limite?  

“Direi di sì. Il mio “centro di gravità permanente” è l’interiorizzazione di una Presenza silenziosa, eterna, onnipresente, che parla il linguaggio universale della gioia e dell’amore. Tutto il resto è relativo e quando lo stress cerca di travolgermi , e a volte ci riesce..., io cerco il me il tempo senza tempo della vita, l’equilibrio, l’armonia, la musica della natura. Allora so che la mano di Dio mi protegge, sempre”. 



L'eternità

“Tu vedevi i pensieri muoversi in cerchio
Come immagini intorno ad un volto. 
Hai creduto all’aria
In cui risorgono le stelle.
E non avevi la cataratta
Del tempo invecchiato.
Quando per noi era ancora sera
Tu già vedevi l’eternità.”
(Nelly Sachs)

Nella Celina Gamba Dallera 
8 aprile 2003 
Che il tuo spirito riposi in pace.

Italia: la crisi che potrebbe diventare virale

Il coronavirus minaccia di trasformare la crisi economica e finanziaria italiana in una crisi globale.

Il coronavirus sta precipitando l’Italia in una crisi economica e finanziaria che ha il potenziale di innescare un caos finanziario mondiale.Il principale anello debole della catena economica globale è l’Italia, che nel 2019 era già sotto forte tensione e ora sta minacciosamente cedendo dinanzi ad altri cruciali problemi globali: Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania.

Anche se nei prossimi mesi il coronavirus (ufficialmente Covid-19) sarà contenuto, è già alle porte una crisi finanziaria che si irradierà dall’ epicentro italiano. Eppure i leader europei sembrano procedere come se fosse tutto normale. Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea (BCE), afferma che il coronavirus non è ancora tale da causare “uno shock di lunga durata“. Il suo staff e quello di Paolo Gentiloni, commissario europeo all’economia, stanno ancora valutando la gravità del problema, indulgendo in una pericolosa noncuranza. La BCE e i governi europei non riescono ad affrontare il pericolo rappresentato da una crisi finanziaria italiana. E non c’è più tempo per prepararsi allo sforzo globale che sarà necessario per contenerne conseguenze.

Il punto di rottura dell’economia e della finanza italiana

Nei due decenni da quando l’Italia ha adottato l’euro, gli italiani sono diventati più poveri. L’economia del paese permane in una recessione economica quasi perpetua.

Il sistema politico disfunzionale italiano dà la sensazione di un temporary fast-pizza. Per quasi mezzo secolo, i governi italiani hanno mancato di investire nel futuro del Paese. Tutti comprendevano che l’Italia avrebbe avuto difficoltà a sopravvivere senza la stampella della sua lira flessibile, che di tanto in tanto si deprezzava. Ma l’arroganza dei leader europei ha portato l’Italia nella morsa della zona euro, dove l’euro è troppo forte per l’economia italiana, e l’interesse reale – il tasso di interesse corretto per l’inflazione – è troppo alto per un’economia che non cresce.

Il coronavirus ha colpito l’Italia in modo crudele, non solo in termini di vite umane in pericolo, ma perché minaccia di paralizzare le regioni della Lombardia e del Veneto, poli produttivi che negli ultimi due decenni hanno evitato all’economia italiana un destino economico ancora più cupo.

Le vulnerabilità finanziarie dell’Italia sono enormi. Il peso del debito pubblico italiano, pari a circa 2.400 miliardi di euro, è maggiore di quello tedesco, che ammonta a 2.000 miliardi di euro. Il rapporto debito / PIL del governo italiano è aumentato inesorabilmente. Il sistema bancario italiano è seduto su un gigantesco cumulo di attività finanziarie, pari a circa cinquemila miliardi di euro. Mentre le molte banche italiane in crisi hanno venduto (spesso per pochi centesimi) gran parte dei prestiti in sofferenza che i loro mutuatari non stavano rimborsando, la redditività delle banche risulta anemica a causa dei tassi di interesse estremamente bassi e poiché i mutuatari sono ancora in difficoltà, in un ambiente a crescita zero. Il rapporto tra valore di mercato e valore contabile del patrimonio netto anche delle banche più forti d’Italia – Intesa Sanpaolo e UniCredit – rimane ben al di sotto di uno, il che implica che i mercati ritengono che alla fine gran parte delle attività detenute da queste banche saranno cancellate.

Le cose peggioreranno

Il coronavirus ha colpito l’economia globale in un momento in cui era già debole. E la malattia attacca i deboli ancora più ferocemente.

L’Italia e le altre economie europee – dipendenti in maniera decisiva dal commercio globale – sono state sottoposte a un crescente stress economico sin dall’inizio del 2018, quando il commercio mondiale ha iniziato a rallentare (vedi il grafico sotto). Il rallentamento del commercio mondiale, a sua volta, è stato la conseguenza della decisione del governo cinese di smettere di pompare il suo sistema finanziario interno per paura che la proprietà immobiliare e la vulnerabilità finanziaria potessero sfuggire pericolosamente di mano. Come l’economia cinese – con la sua enorme presenza nel sistema del commercio globale – si è raffreddata, il commercio mondiale ha iniziato a rallentare. Nel 2019 la guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti ha ulteriormente rallentato la crescita del commercio mondiale, spingendo le economie europee in condizioni quasi recessive. Pertanto, la situazione economica globale, e in particolare quella europea, era già precaria ben prima che il coronavirus colpisse.

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Il coronavirus ha ribaltato in tutta evidenza il ruolo dominante della Cina nel commercio mondiale. La Cina è il nodo chiave nella catena del valore aggiunto globale. Le fabbriche cinesi producono le componenti dell’industria meccanica ed elettrica, nonché gli ingredienti dell’industria farmaceutica, necessari per mantenere attive le fabbriche del mondo. Con l’arresto dell’attività di diverse fabbriche cinesi, i produttori di tutto il mondo – specialmente in altri importanti centri di produzione che si affidano alla Cina – sono a rischio di fermarsi. Già le fabbriche automobilistiche in Corea del Sud, nell’impossibilità di procurarsi le componenti prodotte dalla Cina, sono in sofferenza. Del resto, la diffusione del coronavirus nella Corea del Sud interromperà la produzione delle sue fabbriche di semiconduttori e altre componenti elettroniche, interrompendo le forniture ai produttori che assemblano prodotti di consumo e industriali.

In Europa, la Germania, tradizionale ancora della salute economica europea e arbitro della contrattazione politica in Europa, è ad alto rischio. Nel 2019, l’economia tedesca ha ripetutamente sofferto del rallentamento del commercio mondiale e dell’accelerata contrazione della sua industria automobilistica, poiché i consumatori si sono allontanati dalle vantate auto a combustione interna tedesche, rendendo tecnologicamente obsoleto gran parte di un ecosistema industriale incentrato sulla produzione automobilistica. Ora che, nella prima metà del 2020, l’economia cinese si contrae, i produttori tedeschi di automobili e macchinari perderanno il loro mercato più ricco degli ultimi anni. E con il contrarsi dell’economia tedesca, molti produttori italiani sostenuti dalle vendite in Germania ne soffriranno.

Mentre Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania sono in grado di gestire una contrazione economica di sei mesi, l’Italia no. Se scivola dal suo attuale torpore, economico e politico, verso una profonda contrazione economica, l’Italia non ha alcuno spazio fiscale né finanziario. Il rapporto debito pubblico / PIL aumenterà rapidamente, spingendo verso l’alto i tassi di interesse e rendendo l’onere del debito ancora più pesante. Il caotico sistema bancario dovrà affrontare perdite che non può sopportare e che il governo non può sostenere. I fallimenti del settore pubblico e privato in Italia provocheranno il default dei creditori, innescando una voragine globale di insolvenze.

Un’Europa litigiosa

Nel 2010 i membri della zona euro sono riusciti a far fronte alla crisi finanziaria. Ma i paesi in crisi – Grecia, Irlanda e Portogallo – erano piccoli. A quel tempo, anche il debito del governo spagnolo era solo un terzo del debito del governo italiano. E la Germania, l’alfiere salvatore, era al culmine della sua forza economica e politica. La cancelliera tedesca Angela Merkel, sebbene di una lentezza esasperante nella risposta, è riuscita comunque a mantenere a galla la nave della zona euro.

Oggi gli europei stanno combattendo al centesimo sul prossimo bilancio UE. Sulle questioni critiche della migrazione e sulle risposte strategiche a Cina, Russia e Stati Uniti, le divisioni sono palpabili.

La Germania, un tempo leader europeo, è in condizioni precarie. Mentre la sua economia lotta in mezzo a grandi difficoltà, c’è anche un grande punto interrogativo che incombe sul futuro della gigantesca Deutsche Bank, sommersa dagli scandali, con la vigilanza statunitense e britannica che la monitorano costantemente per frode e riciclaggio di denaro. I mercati ora valutano le attività di Deutsche Bank a un terzo del valore registrato nei libri contabili della banca.

Tutto ciò è esacerbato dalla politica aspramente frammentata della Germania. Come leadership finanziaria, la Germania era considerata l’unica scelta possibile. Ora, con una Merkel cancelliera zoppicante in una nazione politicamente a pezzi, non c’è nessuno che possa assumere il ruolo che i cancellieri tedeschi hanno svolto in passato, imponendosi di autorità. E nessun altro ha la statura politica o finanziaria per ricoprire questo ruolo, men che meno il divisivo e instabile presidente francese, Emmanuel Macron.

In una crisi economica e finanziaria italiana, i farraginosi meccanismi di salvataggio finanziario dell’UE saranno testati senza pietà. Qualsiasi operazione di salvataggio richiederà, come primo passo, un programma che metta al governo italiano uno stretto e umiliante guinzaglio fiscale. I leader dell’UE hanno bullizzato la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo perché accettassero una tale subordinazione politica. Gli italiani si piegheranno allo stesso trattamento e accetteranno le stesse condizioni?

Se la politica italiana non sarà in grado di approntare al suo interno una difesa credibile, la BCE, andando contro le norme concordate, sarà comunque tentata di usare il suo potere di emissione di moneta per sostenere il governo italiano e il sistema finanziario del paese? Oppure, come è più probabile, la BCE rimarrà paralizzata? Infatti, con una una crisi che si avvita a spirale e un crescente panico nei mercati, i tedeschi e gli altri Stati membri “settentrionali” dell’Eurozona manterranno il controllo del consiglio direttivo della BCE. Si preoccuperebbero che, se la BCE finanziasse l’Italia e gli italiani non rimborsassero la BCE, i contribuenti degli stati del Nord si potrebbero trovare gravati da un onere di dimensioni tali che persino i loro governi, apparentemente forti, sarebbero sottoposti a un grande stress fiscale e a un downgrade del loro rating.

Tempo per un’azione globale

Sia chiaro, siamo giunti a un momento cruciale della storia economica globale. Tutte le operazioni di salvataggio sin dalla crisi finanziaria globale ed europea hanno esaurito la potenza di fuoco delle banche centrali. Dappertutto, la ripresa economica si è rivelata molto più debole rispetto alle crisi precedenti. Gli osservatori hanno riconosciuto a malincuore che le prospettive di crescita a lungo termine nei paesi avanzati e in gran parte dei paesi in via di sviluppo sono nettamente diminuite. L’epicentro italiano si trova in una condizione economica e finanziaria molto più fragile che in qualsiasi altra fase dal dopoguerra.

Oggi, solo il sistema della Federal Reserve statunitense può iniettare un modesto stimolo monetario. I governi farebbero bene a coordinare uno stimolo fiscale globale attraverso un aumento della spesa e tagli fiscali per sostenere l’economia internazionale. Ma uno stimolo della Fed e misure fiscali nazionali da sole non saranno sufficienti.

Ben prima che inizi lo stimolo monetario o fiscale, ci sarà un momento di resa dei conti. Questa sarà la scelta. Gli stati membri del Nord UE potrebbero concordare di pagare per l’Italia, con la consapevolezza che dovranno tenere i loro libretti degli assegni aperti per molto tempo, infliggendo danni significativi, anche duraturi, ai propri conti pubblici. Oppure potrebbero indietreggiare, sperando che il problema scompaia. In tal caso, il sistema finanziario italiano potrebbe crollare in caduta libera, causando dei default a cascata nei circuiti finanziari di tutto il mondo. La crisi andrà quasi certamente oltre la possibilità di gestione dei membri dell’Eurozona.

Certo, il peggio potrebbe non arrivare mai. Ma in questo momento delicato, è essenziale essere preparati a livello globale a una risposta finanziaria su vasta scala. Non farlo sarebbe irresponsabile.


[Fonte: http://vocidallestero.it/2020/03/02/ashoka-mody-italia-la-crisi-che-potrebbe-diventare-virale/?fbclid=IwAR3rkKMDI-XupPQZS03wDghslZhVriEpzVs-GtG_no04L_LqzkLMIx-m-Sg]

 


 

IL MESTIERE DELLE ARTI

‘Il Mestiere delle Arti’ 1

IL MESTIERE DELLE ARTI
CORSO DI FORMAZIONE TRIENNALE AVANZATA PER GIOVANI ARTISTI

Il Mestiere delle Arti è un programma finanziato dal Ministero della Gioventù e dalla Regione Emilia Romagna, Assessorato Cultura Sport Giovani. Progetto e gestione sono svolti in collaborazione da GAER (Associazione Giovani Artisti dell’Emilia Romagna) e CPF (Centro Provinciale Formazione, Ferrara), con il supporto del Comune di Ferrara, Assessorato Cultura.
L’iniziativa, rivolta ad una selezione di artisti esordienti in Emilia Romagna, delinea un modello sperimentale di formazione avanzata nell’ambito dell’arte contemporanea.

Docente di Arte e Psicoanalisi presso Il Corso Superiore di Formazione Artistica “Il Mestiere delle Arti”, Emilia Romagna.
- Docente presso il MAMbo ( Museo Arte Moderna Bologna e il MAR Museo arte Moderna Ravenna)
- Docente di Psicologia presso Direzione Generale Formazione USSL Torino e Provincia.
- Docente e coordinatrice attività di ricerca e congressuali per la Società Italiana di Medicina Psicosomatica
Psicoterapeuta, docente e consulente per Riza Psicosomatica dal 1986 al 1992 .
-Responsabile del Servizio di Psicoterapia presso il Centro Diagnostico Italiano di Milano.
- Consulente scientifica, oltre all’attività clinica ventennale, italiane presso Alcune Aziende ed Istituti di formazione e ricerca scientifica, pubblici e privati.

Intervista e Ulay: Sotto la mia pelle

Un'intervista che tocca l'anima al performer Ulay, per 12 anni compagno di Marina Abramovich.
Un amore che si era fatto arte.





Uno sguardo lucido , colto, ironico e storico sul Corona Virus .

E' impressionante assai la situazione che si è venuta a creare in Italia in seguito all'epidemia d'influenza che viene chiamata Coronavirus come se si trattasse della Peste Nera che decimò l'Europa a metà del XIV secolo. Ed è altrettanto sintomatico notare che le prime pagine dei nostri quotidiani, i vari telegiornali e le pagine di internet, tutta l'intera informazione, pongono con allarme la questione in prima pagina mentre Le Monde in Francia, il Frankfurter Allgemeine in Germania, El Pais in Spagna, cioè i più autorevoli quotidiani dei nostri vicini non gridano allarme con la medesima sonorità e tengono le notizie relative alla malattia fra le pagine di cronaca. E' altrettanto vero che sembriamo noi i più afflitti, anche perché il nostro sistema sanitario sembra avere reagito con estrema efficacia, ha spinto i politici locali ad assumere la faccia dei grandi momenti tragici e ad isolare intere parti del territorio esattamente come in Cina dove le morti si contano ormai a migliaia. Ci si chiede dove sta la verità; e intanto si corre al supermercato a fare provviste da guerra, si evitano i ristoranti e si ammira l'efficacia d'avere chiuso teatri e altri luoghi di grande pubblico. Siamo quindi l'eccellenza del continente, i più efficaci, i più attenti. O almeno così sembra o così intendono i nostri governanti. E nessuno vuole indagare circa il fatto che possa la questione rientrare non fra le corrette raccomandazioni bensì possa cadere sotto la fattispecie dell'articolo 658 del codice penale, quello che prevede il cosiddetto "procurato allarme". Nel frattempo non si trova più una singola mascherina, il gel amuchina è scomparso e forse fra poco inizierà il contrabbando dalla vicina Svizzera e il mercato nero tipico delle situazioni belliche.
E' probabile che la giusta precauzione si sia trasformata in preoccupazione, poi in paura e ora in panico. Torna in mente il libro che scrisse nel 1841 il giornalista scozzese Charles Mackay "Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds". Esiste una follia delle folle. Ma è questa determinata da sedimenti ancestrali nella coscienza di queste folle. I tedeschi hanno paura più dell'inflazione che del virus, i francesi dei gilet gialli nella rivolta delle province e degli islamici nelle periferie urbane, quelli descritti in Soumission da Michel Houellebecq. La paura è talvolta procurata dalla letteratura, se è tuttora vero che la memoria dei Promessi Sposi rimane, malgrado la disattenzione scolastica, ancorata nell'animo degli italiani. La peste del 1630 narrata dal Manzoni, quella che portò alla caccia agli untori e alla crudele morte di Gian Giacomo Mora ricordata dalla Colonna Infame (altro testo manzoniano), rimane viva nella coscienza collettiva. Ai Settala, padre e figlio scienziati, che furono allora maltrattati dalla folla per averne indicato i rischi, Milano giustamente ha dedicato una strada.
E così tornano ad ossessionare le menti quei fantasmi che la Storia tiene sempre vivi. Torna la peste che fece morire Tiziano e suo figlio Orazio nell'estate del 1576, quando i nobili fuggivano da Venezia verso le loro ville di campagna e i contadini li uccidevano coi forconi per evitare il contagio. Col figlio già morto e lui stesso ammorbato, Tiziano dipinse da grande vecchio il più patetico e ultimo dei suoi capolavori, quella Pietà destinata alla propria tomba ai Frari, che non riuscì ad ultimare e che fu completata da Palma il Giovane.
Il Coronavirus non è la peste nera che colpì l'Europa fra il 1346 e il 1353, riducendo gli abitanti dell'intero continente da 50 a 25 milioni, decimando Siena che passò da 70.000 a 7000 abitanti, spegnendo due focolari ogni tre in Francia e portando l'anonimo maestro a dipingere il Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis a Palermo. Ma la paura che si sta generando è la medesima, è quella biblica delle piaghe d'Egitto. E' una paura atavica alla quale più che al morbo stesso la politica dovrebbe prestare attenzione, senza profittarne per fare dimenticare gli altri guai.
Testo di Philippe Daverio
 


 

Una mostra che sfiora il Sublime: Simone Galimberti, a cura di Philippe Daverio


Il delicato suono del silenzio 

La natura morta non è mai morta.
Questa pratica compositiva già in uso dagli antichi romani con gli esempi poetici delle pareti di Pompei continua nei secoli a stimolare la fantasia della creatività.
Fu barocca negli anni del XVII secolo, quando esaltava la ricchezza e l’agio, promuoveva i frutti nuovi approdati dal mondo intero ed era pure monito del panta rei, dello scorrere inesorabile della vita.
Era stimolo per una pittura fine a se stessa, per un’estetica dove le presenze e i vuoti, o colori vivaci e i fondali scuri corrispondevano in verità alla prima sperimentazione per gli equilibri della successiva arte astratta.
Oggi torna alla ribalta non solo come studio dei rapporti fra vuoti e pieni delle composizioni ma soprattutto come terreno di riscoperta della pittura, della pennellata, dell’impasto dei colori.
E Simone Galimberti di questa strada al contempo così antica e così attuale è un curioso e vero interprete.
Testo di Dott. Porf. Philippe Daverio