ABOUT ME

Psicoterapeuta, ho scritto molti articoli e un libro , mi dedico allo studio dei rapporti arte/psiche.

Studi artistici
Pianoforte-Conservatorio di Alessandria
Danza classica ( Susanna Egri e Carla Perrotti, Teatro Regio di Torino e Teatro Erba di Torino)
e moderna Certificato di Decimo anno ( metodo classico e metodo Graham )
Linguaggio corporeo e applicazione delle psicoterapie a focalizzazione corporea (Diploma biennale di Specializzazione).
Accademia di Belle Arti di Bologna

Lavoro in ambito artistico
Consulente in campo artistico e grafico pubblicitario.
Docente di Arte e Psicologia, presso “ Il Mestiere delle arti” , Corso di Alta formazione artistica, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Premio Porticato Gaetano ( pittura)

Iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti
Socia Onoraria “Camera Europea degli Arbitri stragiudiziali e dei Periti esperti”- “Esperto d’Europa in Psicosomatica”

Docenze
Docente di Psicologia Direzione Generale Formazione USSL Torino
Docente e coordinatrice -Società Italiana di Medicina Psicosomatica
Docente e consulente per Riza Psicosomatica dal 1986 al 1992 .
Docente di Arte e Psicologia, presso “ Il Mestiere delle arti” , Corso di Alta formazione artistica, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Marketin e Pubblicità, Selezione e Formazione
Fiat Auto SpA, Torino, Direzione del personale;
Distriborg Italia, Milano.
Artime, Milano
Bijorg (Prodotti Biologici),.
“Riza Psicosomatica”,
Tecniche ed.Riza, Direttore Gianpaolo Lai.-

Pubblicazioni e rubriche
“Controcampo”
“Artime” “No Limits World” (Psicologia dell’estremo)
Gruppo Futura dal 1998 al 2000
dal 1998 “Viver sani” dal 1987 al 1996 “Salute e Prevenzione” dal 1987 al 1996. “Guida alla salute Medica”, ed.Fabbri, sezione Psicologia.Il Corriere, Repubblica, Il Giornale, La Gazzetta dello sport, Controcampo,Class, Monsieur, Grazia, Oggi, Anna, Amica, Gioia, MarieClaire, Vanity Fair, Gioia…

In radio
Radio Rai.
Radio 24 Rubrica fissa in diretta ”Il bello della vita”
Radio Svizzera Italiana.
Radio Dimensione Suono

Televisione
Più TV volte ospite in qualità di specialista presso la RAI, Mediaset, La7 ( e alcune emittenti private e fra cui Mediolanum Channel)
Rai 1 “Uno mattina”
Rete 4 “Il bello della vita”
Canale 5 “M. Costanzo Show”
La 7 , ospite di Fabio Volo

PERCHE' PERCOME PERORA

Italia: la crisi che potrebbe diventare virale

Il coronavirus minaccia di trasformare la crisi economica e finanziaria italiana in una crisi globale.

Il coronavirus sta precipitando l’Italia in una crisi economica e finanziaria che ha il potenziale di innescare un caos finanziario mondiale.Il principale anello debole della catena economica globale è l’Italia, che nel 2019 era già sotto forte tensione e ora sta minacciosamente cedendo dinanzi ad altri cruciali problemi globali: Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania.

Anche se nei prossimi mesi il coronavirus (ufficialmente Covid-19) sarà contenuto, è già alle porte una crisi finanziaria che si irradierà dall’ epicentro italiano. Eppure i leader europei sembrano procedere come se fosse tutto normale. Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea (BCE), afferma che il coronavirus non è ancora tale da causare “uno shock di lunga durata“. Il suo staff e quello di Paolo Gentiloni, commissario europeo all’economia, stanno ancora valutando la gravità del problema, indulgendo in una pericolosa noncuranza. La BCE e i governi europei non riescono ad affrontare il pericolo rappresentato da una crisi finanziaria italiana. E non c’è più tempo per prepararsi allo sforzo globale che sarà necessario per contenerne conseguenze.

Il punto di rottura dell’economia e della finanza italiana

Nei due decenni da quando l’Italia ha adottato l’euro, gli italiani sono diventati più poveri. L’economia del paese permane in una recessione economica quasi perpetua.

Il sistema politico disfunzionale italiano dà la sensazione di un temporary fast-pizza. Per quasi mezzo secolo, i governi italiani hanno mancato di investire nel futuro del Paese. Tutti comprendevano che l’Italia avrebbe avuto difficoltà a sopravvivere senza la stampella della sua lira flessibile, che di tanto in tanto si deprezzava. Ma l’arroganza dei leader europei ha portato l’Italia nella morsa della zona euro, dove l’euro è troppo forte per l’economia italiana, e l’interesse reale – il tasso di interesse corretto per l’inflazione – è troppo alto per un’economia che non cresce.

Il coronavirus ha colpito l’Italia in modo crudele, non solo in termini di vite umane in pericolo, ma perché minaccia di paralizzare le regioni della Lombardia e del Veneto, poli produttivi che negli ultimi due decenni hanno evitato all’economia italiana un destino economico ancora più cupo.

Le vulnerabilità finanziarie dell’Italia sono enormi. Il peso del debito pubblico italiano, pari a circa 2.400 miliardi di euro, è maggiore di quello tedesco, che ammonta a 2.000 miliardi di euro. Il rapporto debito / PIL del governo italiano è aumentato inesorabilmente. Il sistema bancario italiano è seduto su un gigantesco cumulo di attività finanziarie, pari a circa cinquemila miliardi di euro. Mentre le molte banche italiane in crisi hanno venduto (spesso per pochi centesimi) gran parte dei prestiti in sofferenza che i loro mutuatari non stavano rimborsando, la redditività delle banche risulta anemica a causa dei tassi di interesse estremamente bassi e poiché i mutuatari sono ancora in difficoltà, in un ambiente a crescita zero. Il rapporto tra valore di mercato e valore contabile del patrimonio netto anche delle banche più forti d’Italia – Intesa Sanpaolo e UniCredit – rimane ben al di sotto di uno, il che implica che i mercati ritengono che alla fine gran parte delle attività detenute da queste banche saranno cancellate.

Le cose peggioreranno

Il coronavirus ha colpito l’economia globale in un momento in cui era già debole. E la malattia attacca i deboli ancora più ferocemente.

L’Italia e le altre economie europee – dipendenti in maniera decisiva dal commercio globale – sono state sottoposte a un crescente stress economico sin dall’inizio del 2018, quando il commercio mondiale ha iniziato a rallentare (vedi il grafico sotto). Il rallentamento del commercio mondiale, a sua volta, è stato la conseguenza della decisione del governo cinese di smettere di pompare il suo sistema finanziario interno per paura che la proprietà immobiliare e la vulnerabilità finanziaria potessero sfuggire pericolosamente di mano. Come l’economia cinese – con la sua enorme presenza nel sistema del commercio globale – si è raffreddata, il commercio mondiale ha iniziato a rallentare. Nel 2019 la guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti ha ulteriormente rallentato la crescita del commercio mondiale, spingendo le economie europee in condizioni quasi recessive. Pertanto, la situazione economica globale, e in particolare quella europea, era già precaria ben prima che il coronavirus colpisse.

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Il coronavirus ha ribaltato in tutta evidenza il ruolo dominante della Cina nel commercio mondiale. La Cina è il nodo chiave nella catena del valore aggiunto globale. Le fabbriche cinesi producono le componenti dell’industria meccanica ed elettrica, nonché gli ingredienti dell’industria farmaceutica, necessari per mantenere attive le fabbriche del mondo. Con l’arresto dell’attività di diverse fabbriche cinesi, i produttori di tutto il mondo – specialmente in altri importanti centri di produzione che si affidano alla Cina – sono a rischio di fermarsi. Già le fabbriche automobilistiche in Corea del Sud, nell’impossibilità di procurarsi le componenti prodotte dalla Cina, sono in sofferenza. Del resto, la diffusione del coronavirus nella Corea del Sud interromperà la produzione delle sue fabbriche di semiconduttori e altre componenti elettroniche, interrompendo le forniture ai produttori che assemblano prodotti di consumo e industriali.

In Europa, la Germania, tradizionale ancora della salute economica europea e arbitro della contrattazione politica in Europa, è ad alto rischio. Nel 2019, l’economia tedesca ha ripetutamente sofferto del rallentamento del commercio mondiale e dell’accelerata contrazione della sua industria automobilistica, poiché i consumatori si sono allontanati dalle vantate auto a combustione interna tedesche, rendendo tecnologicamente obsoleto gran parte di un ecosistema industriale incentrato sulla produzione automobilistica. Ora che, nella prima metà del 2020, l’economia cinese si contrae, i produttori tedeschi di automobili e macchinari perderanno il loro mercato più ricco degli ultimi anni. E con il contrarsi dell’economia tedesca, molti produttori italiani sostenuti dalle vendite in Germania ne soffriranno.

Mentre Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania sono in grado di gestire una contrazione economica di sei mesi, l’Italia no. Se scivola dal suo attuale torpore, economico e politico, verso una profonda contrazione economica, l’Italia non ha alcuno spazio fiscale né finanziario. Il rapporto debito pubblico / PIL aumenterà rapidamente, spingendo verso l’alto i tassi di interesse e rendendo l’onere del debito ancora più pesante. Il caotico sistema bancario dovrà affrontare perdite che non può sopportare e che il governo non può sostenere. I fallimenti del settore pubblico e privato in Italia provocheranno il default dei creditori, innescando una voragine globale di insolvenze.

Un’Europa litigiosa

Nel 2010 i membri della zona euro sono riusciti a far fronte alla crisi finanziaria. Ma i paesi in crisi – Grecia, Irlanda e Portogallo – erano piccoli. A quel tempo, anche il debito del governo spagnolo era solo un terzo del debito del governo italiano. E la Germania, l’alfiere salvatore, era al culmine della sua forza economica e politica. La cancelliera tedesca Angela Merkel, sebbene di una lentezza esasperante nella risposta, è riuscita comunque a mantenere a galla la nave della zona euro.

Oggi gli europei stanno combattendo al centesimo sul prossimo bilancio UE. Sulle questioni critiche della migrazione e sulle risposte strategiche a Cina, Russia e Stati Uniti, le divisioni sono palpabili.

La Germania, un tempo leader europeo, è in condizioni precarie. Mentre la sua economia lotta in mezzo a grandi difficoltà, c’è anche un grande punto interrogativo che incombe sul futuro della gigantesca Deutsche Bank, sommersa dagli scandali, con la vigilanza statunitense e britannica che la monitorano costantemente per frode e riciclaggio di denaro. I mercati ora valutano le attività di Deutsche Bank a un terzo del valore registrato nei libri contabili della banca.

Tutto ciò è esacerbato dalla politica aspramente frammentata della Germania. Come leadership finanziaria, la Germania era considerata l’unica scelta possibile. Ora, con una Merkel cancelliera zoppicante in una nazione politicamente a pezzi, non c’è nessuno che possa assumere il ruolo che i cancellieri tedeschi hanno svolto in passato, imponendosi di autorità. E nessun altro ha la statura politica o finanziaria per ricoprire questo ruolo, men che meno il divisivo e instabile presidente francese, Emmanuel Macron.

In una crisi economica e finanziaria italiana, i farraginosi meccanismi di salvataggio finanziario dell’UE saranno testati senza pietà. Qualsiasi operazione di salvataggio richiederà, come primo passo, un programma che metta al governo italiano uno stretto e umiliante guinzaglio fiscale. I leader dell’UE hanno bullizzato la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo perché accettassero una tale subordinazione politica. Gli italiani si piegheranno allo stesso trattamento e accetteranno le stesse condizioni?

Se la politica italiana non sarà in grado di approntare al suo interno una difesa credibile, la BCE, andando contro le norme concordate, sarà comunque tentata di usare il suo potere di emissione di moneta per sostenere il governo italiano e il sistema finanziario del paese? Oppure, come è più probabile, la BCE rimarrà paralizzata? Infatti, con una una crisi che si avvita a spirale e un crescente panico nei mercati, i tedeschi e gli altri Stati membri “settentrionali” dell’Eurozona manterranno il controllo del consiglio direttivo della BCE. Si preoccuperebbero che, se la BCE finanziasse l’Italia e gli italiani non rimborsassero la BCE, i contribuenti degli stati del Nord si potrebbero trovare gravati da un onere di dimensioni tali che persino i loro governi, apparentemente forti, sarebbero sottoposti a un grande stress fiscale e a un downgrade del loro rating.

Tempo per un’azione globale

Sia chiaro, siamo giunti a un momento cruciale della storia economica globale. Tutte le operazioni di salvataggio sin dalla crisi finanziaria globale ed europea hanno esaurito la potenza di fuoco delle banche centrali. Dappertutto, la ripresa economica si è rivelata molto più debole rispetto alle crisi precedenti. Gli osservatori hanno riconosciuto a malincuore che le prospettive di crescita a lungo termine nei paesi avanzati e in gran parte dei paesi in via di sviluppo sono nettamente diminuite. L’epicentro italiano si trova in una condizione economica e finanziaria molto più fragile che in qualsiasi altra fase dal dopoguerra.

Oggi, solo il sistema della Federal Reserve statunitense può iniettare un modesto stimolo monetario. I governi farebbero bene a coordinare uno stimolo fiscale globale attraverso un aumento della spesa e tagli fiscali per sostenere l’economia internazionale. Ma uno stimolo della Fed e misure fiscali nazionali da sole non saranno sufficienti.

Ben prima che inizi lo stimolo monetario o fiscale, ci sarà un momento di resa dei conti. Questa sarà la scelta. Gli stati membri del Nord UE potrebbero concordare di pagare per l’Italia, con la consapevolezza che dovranno tenere i loro libretti degli assegni aperti per molto tempo, infliggendo danni significativi, anche duraturi, ai propri conti pubblici. Oppure potrebbero indietreggiare, sperando che il problema scompaia. In tal caso, il sistema finanziario italiano potrebbe crollare in caduta libera, causando dei default a cascata nei circuiti finanziari di tutto il mondo. La crisi andrà quasi certamente oltre la possibilità di gestione dei membri dell’Eurozona.

Certo, il peggio potrebbe non arrivare mai. Ma in questo momento delicato, è essenziale essere preparati a livello globale a una risposta finanziaria su vasta scala. Non farlo sarebbe irresponsabile.


[Fonte: http://vocidallestero.it/2020/03/02/ashoka-mody-italia-la-crisi-che-potrebbe-diventare-virale/?fbclid=IwAR3rkKMDI-XupPQZS03wDghslZhVriEpzVs-GtG_no04L_LqzkLMIx-m-Sg]

 


 

IL MESTIERE DELLE ARTI

‘Il Mestiere delle Arti’ 1

IL MESTIERE DELLE ARTI
CORSO DI FORMAZIONE TRIENNALE AVANZATA PER GIOVANI ARTISTI

Il Mestiere delle Arti è un programma finanziato dal Ministero della Gioventù e dalla Regione Emilia Romagna, Assessorato Cultura Sport Giovani. Progetto e gestione sono svolti in collaborazione da GAER (Associazione Giovani Artisti dell’Emilia Romagna) e CPF (Centro Provinciale Formazione, Ferrara), con il supporto del Comune di Ferrara, Assessorato Cultura.
L’iniziativa, rivolta ad una selezione di artisti esordienti in Emilia Romagna, delinea un modello sperimentale di formazione avanzata nell’ambito dell’arte contemporanea.

Docente di Arte e Psicoanalisi presso Il Corso Superiore di Formazione Artistica “Il Mestiere delle Arti”, Emilia Romagna.
- Docente presso il MAMbo ( Museo Arte Moderna Bologna e il MAR Museo arte Moderna Ravenna)
- Docente di Psicologia presso Direzione Generale Formazione USSL Torino e Provincia.
- Docente e coordinatrice attività di ricerca e congressuali per la Società Italiana di Medicina Psicosomatica
Psicoterapeuta, docente e consulente per Riza Psicosomatica dal 1986 al 1992 .
-Responsabile del Servizio di Psicoterapia presso il Centro Diagnostico Italiano di Milano.
- Consulente scientifica, oltre all’attività clinica ventennale, italiane presso Alcune Aziende ed Istituti di formazione e ricerca scientifica, pubblici e privati.

Intervista e Ulay: Sotto la mia pelle

Un'intervista che tocca l'anima al performer Ulay, per 12 anni compagno di Marina Abramovich.
Un amore che si era fatto arte.





Uno sguardo lucido , colto, ironico e storico sul Corona Virus .

E' impressionante assai la situazione che si è venuta a creare in Italia in seguito all'epidemia d'influenza che viene chiamata Coronavirus come se si trattasse della Peste Nera che decimò l'Europa a metà del XIV secolo. Ed è altrettanto sintomatico notare che le prime pagine dei nostri quotidiani, i vari telegiornali e le pagine di internet, tutta l'intera informazione, pongono con allarme la questione in prima pagina mentre Le Monde in Francia, il Frankfurter Allgemeine in Germania, El Pais in Spagna, cioè i più autorevoli quotidiani dei nostri vicini non gridano allarme con la medesima sonorità e tengono le notizie relative alla malattia fra le pagine di cronaca. E' altrettanto vero che sembriamo noi i più afflitti, anche perché il nostro sistema sanitario sembra avere reagito con estrema efficacia, ha spinto i politici locali ad assumere la faccia dei grandi momenti tragici e ad isolare intere parti del territorio esattamente come in Cina dove le morti si contano ormai a migliaia. Ci si chiede dove sta la verità; e intanto si corre al supermercato a fare provviste da guerra, si evitano i ristoranti e si ammira l'efficacia d'avere chiuso teatri e altri luoghi di grande pubblico. Siamo quindi l'eccellenza del continente, i più efficaci, i più attenti. O almeno così sembra o così intendono i nostri governanti. E nessuno vuole indagare circa il fatto che possa la questione rientrare non fra le corrette raccomandazioni bensì possa cadere sotto la fattispecie dell'articolo 658 del codice penale, quello che prevede il cosiddetto "procurato allarme". Nel frattempo non si trova più una singola mascherina, il gel amuchina è scomparso e forse fra poco inizierà il contrabbando dalla vicina Svizzera e il mercato nero tipico delle situazioni belliche.
E' probabile che la giusta precauzione si sia trasformata in preoccupazione, poi in paura e ora in panico. Torna in mente il libro che scrisse nel 1841 il giornalista scozzese Charles Mackay "Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds". Esiste una follia delle folle. Ma è questa determinata da sedimenti ancestrali nella coscienza di queste folle. I tedeschi hanno paura più dell'inflazione che del virus, i francesi dei gilet gialli nella rivolta delle province e degli islamici nelle periferie urbane, quelli descritti in Soumission da Michel Houellebecq. La paura è talvolta procurata dalla letteratura, se è tuttora vero che la memoria dei Promessi Sposi rimane, malgrado la disattenzione scolastica, ancorata nell'animo degli italiani. La peste del 1630 narrata dal Manzoni, quella che portò alla caccia agli untori e alla crudele morte di Gian Giacomo Mora ricordata dalla Colonna Infame (altro testo manzoniano), rimane viva nella coscienza collettiva. Ai Settala, padre e figlio scienziati, che furono allora maltrattati dalla folla per averne indicato i rischi, Milano giustamente ha dedicato una strada.
E così tornano ad ossessionare le menti quei fantasmi che la Storia tiene sempre vivi. Torna la peste che fece morire Tiziano e suo figlio Orazio nell'estate del 1576, quando i nobili fuggivano da Venezia verso le loro ville di campagna e i contadini li uccidevano coi forconi per evitare il contagio. Col figlio già morto e lui stesso ammorbato, Tiziano dipinse da grande vecchio il più patetico e ultimo dei suoi capolavori, quella Pietà destinata alla propria tomba ai Frari, che non riuscì ad ultimare e che fu completata da Palma il Giovane.
Il Coronavirus non è la peste nera che colpì l'Europa fra il 1346 e il 1353, riducendo gli abitanti dell'intero continente da 50 a 25 milioni, decimando Siena che passò da 70.000 a 7000 abitanti, spegnendo due focolari ogni tre in Francia e portando l'anonimo maestro a dipingere il Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis a Palermo. Ma la paura che si sta generando è la medesima, è quella biblica delle piaghe d'Egitto. E' una paura atavica alla quale più che al morbo stesso la politica dovrebbe prestare attenzione, senza profittarne per fare dimenticare gli altri guai.
Testo di Philippe Daverio
 


 

Una mostra che sfiora il Sublime: Simone Galimberti, a cura di Philippe Daverio


Il delicato suono del silenzio 

La natura morta non è mai morta.
Questa pratica compositiva già in uso dagli antichi romani con gli esempi poetici delle pareti di Pompei continua nei secoli a stimolare la fantasia della creatività.
Fu barocca negli anni del XVII secolo, quando esaltava la ricchezza e l’agio, promuoveva i frutti nuovi approdati dal mondo intero ed era pure monito del panta rei, dello scorrere inesorabile della vita.
Era stimolo per una pittura fine a se stessa, per un’estetica dove le presenze e i vuoti, o colori vivaci e i fondali scuri corrispondevano in verità alla prima sperimentazione per gli equilibri della successiva arte astratta.
Oggi torna alla ribalta non solo come studio dei rapporti fra vuoti e pieni delle composizioni ma soprattutto come terreno di riscoperta della pittura, della pennellata, dell’impasto dei colori.
E Simone Galimberti di questa strada al contempo così antica e così attuale è un curioso e vero interprete.
Testo di Dott. Porf. Philippe Daverio