Avvicinare
Maurizio Zanolla, detto Manolo non è impresa facile, “ arrampicarlo” è
pressoché impossibile. Dicono che qualcuno sia riuscito a farlo parlare di sé,
dicono che qualcuno sia addirittura riuscito ad intervistarlo ed io ci credo,
anche perché mentre scrivo ho sotto gli occhi il n° 11 di No Limits World,
agosto/settembre 1993, pagina 30, colloquio con Manolo, di Antonio Soccol.
Anche l’origine del suo nomignolo non è nota
“Non so perché mi chiamino così:
so solo che se mi chiamano con il mio vero nome non mi viene nemmeno da
rispondere. Così, ormai, Manolo è il mio vero nome”.
Rintracciare lui, il più
grande degli arrampicatori, è veramente impresa “no limits” . Assolutamente
schivo, indifferente al successo, alla notorietà, disinteressato al denaro, ama
semplicemente vivere.. Senza vincoli, senza legami, senza costrizioni,
condizionamenti, compromessi. Il suo esistere è qui ed ora.
Così, a seconda del
tempo e dell’umore, del vento e degli odori, delle esigenze del corpo e della
mente, del richiamo del cuore sulla punta delle dita... arrampica, oppure corre
nei boschi, taglia la legna, va come un matto in bicicletta, o più
semplicemente legge, riposa, mangia, dorme a casa sua, un “maso” un po’
sperduto dalle parti di Fiera di Primiero , in Provincia di Trento e sotto le
Pale di San Martino. Ha il telefono naturalmente, ma non ama chiamare, ancora
meno rispondere. Ha un fax, ma non ne fa uso.
Ci sono le poste, ma non il tempo
per perdere tempo alle poste. Io vorrei incontrarlo, ma pare sia quasi
impossibile. Forse provando e riprovando. Chissà.
Rintracciarlo sulle montagne
non è impresa da tutti e comunque non mia, che soffro anche di vertigini.
Mentre in redazione discutiamo su quest’ipotesi di intervista improvvisamente
entra Manolo. Ora è qui davanti a me, incredibilmente a Milano dopo un tempo
lunghissimo, qualcuno dice quattro anni. Lo interpreto come un favorevole segno
del destino - quale? - anche perché mi rendo conto che ci siamo già conosciuti,
seppur per qualche minuto, vicino a Rovereto, in casa di amici.
Anche lì
un’apparizione rapida e imprevista. Dunque l’ho già incontrato due volte, senza
mai cercarlo. Forse con Manolo può accadere solo così. Ora è qui, in un ufficio
pieno di gente che con grande calore gli fa festa, gli sorride. E lui ricambia,
ringrazia, sorride a sua volta, si intimidisce un poco, si appoggia
inconsapevolmente alla parete. Forse, nonostante l’affetto di tutti, si sente
un po’ con le spalle al muro.
La sua visibile insofferenza verso la città, i
rumori, i telefoni, gli orari , i tempi stretti cerca e trova conforto in un
silenzioso legame d’intesa. Gli incredibili occhi azzurri di Manolo si
specchiano in altri occhi azzurri, passa silenzioso un messaggio di profonda
sincerità, di grande rispetto, solidale vicinanza.
Fra un uomo di mare come
Antonio Soccol e un uomo di montagna come Manolo, forse è l’“azzurro” il legame
che unisce l’intelligenza dei cuori. L’azzurro è il colore più immateriale...in
natura infatti è presente solo come trasparenza, cioè come vuoto. Può essere il
vuoto del cielo, dell’acqua, del vento. I suoni, i movimenti, le forme
svaniscono nell’azzurro, si aprono, si smaterializzano, come un uccello nel
cielo o una vela fra le onde. Per questo l’azzurro rappresenta simbolicamente
la via dell’infinito dove il reale si trasforma in immaginario. Entrare
nell’azzurro è come passare dall’altra parte dello specchio, un po’ come Alice
nel paese delle meraviglie. Ecco ciò che desidererei...passare dall’altra parte
dello specchio. Conoscere Manolo oltre l’apparenza. Ma, come l’azzurro, Manolo
è impavido, soavemente indifferente, limpido, non esiste in nessun luogo se non
in sé. Sembra quasi non appartenere a questo mondo e suggerisce l’idea di un
essere che riesce, nonostante tutto, a gravitare intorno al suo centro,
conchiuso, ma non chiuso.
Forse Kandinsky avrebbe potuto trovare nel colore e
nella tela il mezzo per descrivere pittoricamente gli occhi di Manolo.
Kandinsky, sì, lui che teorizzava l’azzurro come movimento di ascesa dell’uomo
verso l’infinito, come espressione del desiderio di purezza e di sete del
sovrannaturale. Lui certo sarebbe passato dall’altra parte. Ma ora sono qui io
e le cose cambiano. Osservo i suoi gesti misurati e armoniosi, le sue mani
fortissime e dolci mentre accarezzano gli oggetti, le riviste, le fotografie, i
libri, quasi cercassero l’intima essenza delle cose più comuni.
Cosa sarà il
tatto per lui? Circa quattromila anni fa veniva scritto nel Sochanda Tantra:
“Senti un oggetto davanti a te. Senti l’assenza di tutti gli altri oggetti al
di fuori di quello. Poi , lasciando da parte il sentire-l’oggetto e il non
sentire-l’assenza, sii consapevole”.
Forse Manolo non ha letto il Sochanda Tantra, ma certo egli vive in una
consapevolezza da cui non si distoglie. Dovunque si posi la sua attenzione, in
quel punto preciso, sperimenta.
Le sue
spalle larghe e la sua schiena forte non nascondono il suo essere al tempo
stesso vulnerabile come un bambino e solido come una roccia. Manolo non teme di
mostrarsi completamente aperto alla vita e libero d’essere, completamente
presente ed assente al tempo stesso. Ora è qui per un saluto, per il suo ultimo
articolo, pubblicato su No Limits World di agosto/settembre 98, n° 65. E’ qui
per regalare qualche copia del suo libro.
Ma è interessantissimo!
“Ma...non è
un libro...è solo una guida, niente di così importante...un regalo per voi,
qualche copia... Ecco, questa foto sull’ultima di copertina sarebbe stata più
efficace in verticale, per vedere meglio la montagna, comprendere la difficoltà
dell’arrampicata...Ma era una giornata così bella! Guarda che cielo! Come
potevo tagliarlo? Non sono certo io il soggetto, ma il cielo. Cosi l’ho fatta
pubblicare in orizzontale.
Non si possono perdere giornate così. Tutto era così
azzurro, così profondo. Lo sguardo poteva affondarsi senza incontrare
ostacoli...perdersi all’infinito”.
Ma se qualche lettore volesse acquistare
questa guida, come potrebbe fare? Può rivolgersi a te? “Ma no..., non posso.
Non ho tempo di occuparmi di queste cose. Per un po’ di denaro...No, no! L’ho
scritta perché può essere utile. C’è la spiegazione di molte vie, il modo più
semplice per salire o scendere, il grado di difficoltà, le cose da sapere
insomma. Cose semplici, niente di straordinario...C’è anche qualche disegno.
L’ho portato per la redazione. Non so... vedete voi”.
Ricorri a qualche
allenamento particolare per prepararti ad arrampicare? Segui una alimentazione
speciale? Utilizzi integratori per recuperare energia?
“Io arrampico, questo è
il mio vero allenamento. La mia vita. Non devi pensare alla parete come a
qualcosa di freddo, inerte. La montagna ha un’anima e quest’anima palpita sotto
le mie dita. Per questo cerco l’aderenza totale, non voglio mezzi che si
frappongano fra il mio corpo e la roccia. Se fosse per me salirei in costume da
bagno e basta. Ma ho scoperto che in effetti un abbigliamento tecnico è utile.
E poi ci sono certe folate di vento gelido che se non hai una felpa, qualcosa
da metterti addosso...Beh...Sai, può rannuvolarsi d’un colpo in montagna”.
D’accordo, ma potresti suggerire un metodo di allenamento per coloro che sono
appassionati di free-climbing?
“Io non sono un allenatore, alleno me stesso e
basta. Non seguo particolari schemi. Certo, corro e vado in bicicletta, cammino
molto, scio se ne ho voglia, ho praticato e pratico molti sport, ma questo lo
faccio perché mi piace. Quotidianamente, per passione. Indubbiamente tutto ciò
mi ha permesso di consolidare una buona preparazione atletica di fondo”.
Fra
questi sport quale ti aiuta maggiormente a mantenerti in forma?
“Fare il
taglialegna. Perché consumo moltissime energie e non mi rimane neanche più un
filo di grasso. Poi faccio anche una cosa utile per l’inverno...”
E cosa mangi
prima di intraprendere una salita difficile o dopo una dura giornata di impegno
atletico?
“Per quanto riguarda l’alimentazione, mi dispiace deluderti, ma non
ho segreti particolari, consigli da dare. Io posso passare una intera giornata
in montagna senza mangiare nulla e poi andare a letto presto dopo aver consumato
solo un po’ d’erba fresca (insalata). Sai ho un problema. Sono piuttosto
pesante come struttura, per motivi costituzionali. Ho spalle larghe, ossatura
forte, massa muscolare. La massa muscolare pesa, perciò non posso allenarmi e
mangiare in modo tradizionale . Diventerei più forte, forse, ma molto più
pesante. Quindi mangio poco per istinto, ma anche perché non posso permettermi
di ingrassare. Neppure un po’”.
Guardando i suoi muscoli guizzanti sotto la
pelle non è difficile comprendere come l’“istinto” di Manolo sia il suo alleato
più prezioso, il suo miglior preparatore atletico. E gli integratori?
“Ah si!
Gli integratori. Qualche bicchiere di buon vino, a volte una sigaretta in
compagnia!”. Ma non ti fa male fumare? “Male?...” Ok, torniamo al tuo libro,
anzi scusa alla tua “guida”.
E’ simpatica la copertina con quest’omino che
“arrampica” il titolo! Manolo ride.
“Non scherzare... E’ davvero bellissima.
L’ha disegnata un mio amico”.
Poi apre la rivista di agosto/settembre con il
suo pezzo, “Ritorno alla Tognazza”, pag. 49. Scorre lentamente le pagine,
sembra pensieroso, immerso nelle immagini. Gli occhi e i gesti sono attenti e
scrupolosi, a volte esitano, a volte sostano. Se il linguaggio fosse una pelle
Manolo parlerebbe con la punta delle dita. Mentre sfiora le pagine in silenzio,
intorno si è fatto silenzio. Ma è davvero così terribile questa parete?
“Anche
di più. Si, anche di più! Non è solo verticale, sporge anche un po’, un po’ in
fuori intendo - spiega paziente per noi, che non siamo gente di montagna-
Sporge, beh, almeno un metro. Non è semplice la Tognazza. Le sue
muraglie erano praticamente invisibili prima dell’evoluzione tecnica
dell’arrampicata degli anni Ottanta. Ma è una roccia magnifica, il panorama è
indescrivibile”.
Manolo accarezza le immagini come se avesse delle parole al
posto delle dita, o avesse delle dita sulla punta delle parole. Il suo gesto è
vivo, così come il suo amore per la natura, il suo feeling con la parete. Il
suo tocco desidera, ama, rispetta. La sua aderenza alla roccia è come un
abbraccio amoroso che turba, poiché nasce da un duplice contatto, psicologico e
fisico. Da una parte tutta l’attività mentale di preparazione, osservazione,
conoscenza, ricerca dell’“anima” della montagna sembra assumere per Manolo un
significato unico che è “io ti desidero” e lo libera, lo alimenta, lo ramifica,
lo fa esplodere. Dall’altra parte la fisicità totale dell’arrampicata avvolge,
esplora, blandisce, sfida, sfiora, e Manolo alimenta questo sfioramento,
prodigandosi per farlo durare, sulla punta delle dita, sulla punta dei piedi,
con la sola forza delle gambe o delle braccia, per vivere l’attimo, per
cogliere i tempi dilatati di una vita sospesa fuori dal tempo e dallo spazio.
Ma se le nuove vie aperte da Manolo sono impervie lui, certo, non è facilmente
accessibile. I miei tentativi di trattenerlo ancora un poco lo mettono a
disagio.
“Non è per non voler restare, sai. Ma ho viaggiato tanto. Sei ore di
macchina, c’era un traffico. E qui, Milano, che caos. Ti ringrazio. Non posso.
Devo andare. Se penso al ritorno... ancora macchina... Devo proprio andare”.
E
la nostra intervista? “L’intervista...beh! Non saprei. La facciamo certo, ci
tengo. Ma un’altra volta. Con calma. Tanto ritorno!” Lo guardo incredula. Dai
Manolo, non scherzare, non mi prendere in giro! “Ma no, torno! Sicuro. Non so
quando...beh, non so proprio quando... ma è sicuro”. Capisco che non posso
proprio farci nulla. Anzi, per un attimo mi sento come un sacchetto di plastica
in un prato. Lo guardo. La sua anima chiara ed il suo spirito libero respirano
in un luogo la cui via d’accesso non è data. Sguardo indimenticabile. Vorrei
fermarlo, ma non posso far altro che lasciarlo andare. Manolo esiste in un
altrove che è la sua vita e la sua via. Mi guarda per cercare comprensione. Ok,
hai ragione.
“Ti telefono - mi rassicura - quando vengo a Milano ti telefono.
Lo prometto”. Prende il bigliettino con i miei numeri, lo ripiega con cura.
“Promesso”.
Mentre lo guardo andare via ricordo confusamente alcuni versi di
una poesia di Tagore:
“La mia
casa al crocicchio ha le porte
aperte, e
la mia mente è assente perché canto.
..................................
Non potrò
mai rispondere, t’avverto.
Se ora ti
dò la mia parola cantando,
e son
proprio convinto di mantenerla
quando la
musica tace, devi scusarmi;
perché la
legge stabilita in maggio
è meglio
infranta in dicembre.
.....................................
Le risposte
a quanto chiedi saranno
appassionate,
ma non precise nei fatti:
dovrai
credere loro per sempre ,
e poi per
sempre scordarle.”
Silvana Dallera intervista Manolo |
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Silvana Dallera intervista Manolo |