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Anish Kapoor: la realtà che non conosco
Hans Lemmen: la testimonianza di un complesso scavo onirico
Emilio Vedova - Palazzo Reale Milano 2019
Installazione di Silvana Dallera
Anch'io, se ritornerò,
ritornerò con il mio primo amore,
che m'aspetta alla ultima stazione.
Se ne andò mentre nn c'ero, se ne andò perché vivere era troppo fangoso.
Nn sono un vigliacco, mi disse.
Ci vuol molto coraggio per vincere l'istinto di sopravvivenza.
Ci baceremo ancora all'ultima stazione
,come quella sera d'inverno in fondo al tram n 31, in una magica Torino.
Così belli, così felici, così vicino.
SD
Installazione
di Silvana Dallera
#silvanadallera
EIKON artmagazione - Silvana Dallera - Premio Tiziano - La percezione psicologica nell'arte
La Bellezza è anche una necessità ontologica, che fonda le particolarità sensibili del mondo.
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Edith, Stampa fotografica lambda, postproduzione, Silvana Dallera, 70x50, 2012 |
#silvanadalleradigitalgraphic
“L’uscita di Cristo dal Vaticano” Daniele Galliano
“L’uscita di Cristo dal Vaticano”
2020, oil on canvas, cm 100x350
Daniele Galliano
L'opera di Chicca Regalino
In questa potente opera l'artista Chicca Regalino rappresenta la frammentazione dell’uomo e dell’arte, nelle molteplici sfaccettature che ne hanno segnato la storia. La figura umana, di carne viva e di un incarnato rosaceo, evoca, nei colori, violenza e candore. Lo sguardo sgranato e privo di emozioni fa pensare che dietro le celesti pupille viva un automa. In un’epoca in cui l’uomo è prossimo, per sua stessa mano, ad un impari confronto con l’intelligenza artificiale Chicca Regalino suggerisce una riflessione profonda anche attraverso l’evocazione di quei movimenti che nel passato hanno esaltato, cosi come denunciato, i rapidi -e incontrollati- cambiamenti della società. Dal tentativo di fissare l’uomo nel suo slancio verso il progresso compiuto da cubisti e dei futuristi, al nuovo realismo degli assemblaggi scultorei di Cesar, che denunciavano l’incessante consumo ed accumulo di oggetti, alle provocazioni fotografiche di Cindy Sherman, legate alla manipolazione del proprio volto. Il denominatore, che ci conduce sino all’opera della Regalinoi, vuole suggerire una riflessione su cosa vi sia di celato, -se non soffocato- sotto questi costrutti e quanto essi siano realmente necessari.
Questo processo di offuscamento dell’elemento originario viene rafforzato dal processo di realizzazione dell’opera che viene impostata al buio, laddove la forma è pura, è portata a compimento alla luce, non solo ambientale bensì della ragione e dei suoi condizionamenti.
contenuto critico di Silvana Dallera
Silvana Dallera intervista Carla Perrotti
Carla Perrotti è una donna ferma e gentile, solare e allegra, illuminata da due grandi occhi verdi sempre vivaci, attenti, diretti. Elegante e curata, è tuttavia molto più simile ad una frizzante adolescente che ad una “gentile signora”.
Ha un sorriso incantevole e lo charme naturale e sereno della buona borghesia. Sportiva con classe, la si potrebbe immaginare in un campo da golf o da tennis, piacevolmente impegnata in una partita fra amiche. La pelle curata e l’abbronzatura naturale di chi ama la vita all’aria aperta evocano immagini morbide e solari: la si potrebbe vedere mentre cura il giardino, riposa all’ombra, legge tranquilla.
Carla parla volentieri della sua famiglia, che adora. Il marito Oscar con cui spesso condivide sogni e avventure, viaggi e reportage e a cui deve le più belle ed emozionanti immagini fotografiche delle sue imprese. Il figlio Max che studia con profitto ed è ragazzo impegnato ed attento, curioso ed entusiasta, ma va seguito, come tutti i ragazzi della sua età. Eppure questa signora/ragazzina bella e sorridente, moglie e madre premurosa, nell’ottobre del 1991 attraversa con una “carovana del sale” Tuareg il terribile deserto Tenéré, in Niger, con temperature di 60 gradi ed escursioni termiche di più di 50 gradi. Nell’ottobre del 1994 a piedi, da sola, trascina un carrettino a tre ruote con un carico di 130 kg. sul Salar De Uyuni, un lago salato sulle Ande Boliviane a 3653 m. di quota. Percorre 170 Km. in 101 ore di cammino sulla crosta di sale del lago spessa 10 metri. L’11 aprile 1996 parte, zaino in spalla, da Mamuno, al margine del deserto del Kalahari , in Botswana. Dopo 15 giorni e 350 km. di cammino giunge a Lehututu, attraversando in assoluta autosufficienza uno dei più terribili e pericolosi deserti del mondo. Carla Perrotti è la prima donna ad aver attraversato il Kalahari ed il deserto del Tenéré, è la prima persona ad aver attraversato da sola il Salar de Uyuni in Bolivia, il più vasto lago salato della terra. E ora si accinge a attraversare in solitaria ed in autonomia il deserto del Taklamakon in Cina, il 2° al mondo per estensione dopo il Sahara. Sabbia e dune per oltre 800 Km, con escursioni termiche minime di 40°. Un percorso estremo, mai affrontato in solitaria prima d’ora.
Ma chi è veramente Carla Perrotti ?
“Prima di tutto una persona normale, con le debolezze ed i problemi di tutti. Una moglie ed una madre normale, con passioni forse un po’ anormali. Viaggiatrice per vocazione, il mondo è la mia vera casa. Non mi riconosco profondamente in nessun luogo o citta, ma solo nel luogo interiore degli affetti più cari. Ed è agli affetti più cari che faccio ritorno ogni volta, con gioia, dopo le mie imprese. Amo mettermi alla prova, sono istintiva, impulsiva, entusiasta. Ma quando prendo una decisione, un impegno, prevale la mia parte razionale, non accetto scuse, ritardi, superficialità, compromessi. Allora mi chiamano “la tedesca”. Pensi che sia difficile per tuoi familiari vivere con te?
“Bella domanda...Bisognerebbe chiederlo a loro... Seriamente: non credo. Io ho interiorizzato profondamente regole, valori, ai quali non vengo meno. Ma non sono rigida. Come ogni viaggiatrice esperta credo di saper cogliere segni, umori, atmosfere, necessità. E in questi casi modifico la mia rotta nel modo più opportuno. La mia rotta interiore, s’intende”.
Cosa ami fare nella vita di tutti i giorni. Hai gusti, passioni, abitudini particolari ?
“Io adoro fare la moglie e la madre. Amo cucinare, anche se spesso il tempo non me lo permette. Date mie origini austriache mi diverto a preparare strudel, marmellate, torte. Amo curare la tavola, che deve essere elegante e sobria e desidero pranzare con i miei cari ogni giorno alla stessa ora, tutti insieme, in serenità. Amo anche ricamare, cucire, creare con le mani. E poi leggere. A questo non rinuncio mai, neppure in viaggio, neppure in tenda nel deserto. E poi mi piace praticare il giardinaggio. Affondare le mani nella terra, respirare l’odore umido delle zolle, veder crescere le piante, incantarmi di fronte ad un minuscolo insetto, una foglia. La natura e gli animali... Ho la passione per gli animali. Ne ho “ospitati” sotto il mio tetto di ogni specie, persino serpenti”.
Cosa pensano di te e delle tue imprese le persone che ti sono più vicine, tuo marito, tuo figlio ? Hanno paura, tremano per te ? Cercano a volte di dissuaderti ?
“Dissuadermi mai. Anzi a volte Oscar mi incita in modo così entusiasta che scherzando gli chiedo se non stia cercando il delitto perfetto! Oscar mi accompagna e mi sostiene sempre, organizza con me molte avventure ed è partecipe delle mie emozioni più intense, anche come fotografo. Mio figlio è orgoglioso di me, è entusiasta. E’ stato il primo lettore del mio libro “Deserti” ed io ne sono felice. Certo anch’io non sono una madre assillante, ansiosa. Max pratica molti sport, alcuni duri e pericolosi, ma non gli impedisco mai di osare nuove esperienze. La mia famiglia in fondo è una squadra. Sottovoce vorrei dire “vincente”, poiché su ogni obiettivo ci muoviamo insieme, se non materialmente, certo moralmente e spiritualmente. La vittoria di uno è la vittoria di tutti, i problemi di uno sono i problemi di tutti. E questo ci permette di vivere la vita con pienezza e con gioia. Anche con qualche timore, è ovvio, ma questo é normale”.
Come tu m’insegni “deserto” in greco si dice “eremos”. Per questo vennero definiti eremiti i primi monaci cristiani che si ritirarono nel deserto per esplorare la propria intima natura e quella del mondo, con il solo aiuto di Dio. Cosa hai scoperto della tua natura più profonda nel deserto ? C’è qualcosa, a questo proprosito, che ci vuoi raccontare ? E Dio... esiste davvero fra le mille dune di sabbia ? E se esiste, che volto ha?
“Vedi, anche nella vita di tutti i giorni credo sia possibile scoprire l’altra parte di sé. Ma da soli, di fronte all’ estremo, la scoperta è netta, drammatica, inequivocabile. C’è una Carla conservatrice, più timorosa, ed una sicura, certa di essere ok, pronta a mettersi alla prova. E’ questa Carla che vive l’inesprimibile: la libertà, il silenzio, l’eternità, la relatività del tempo e dello spazio, il destino, la presenza di Dio. Non faccio riferimento ad un Dio particolare, ma ad una Suprema Presenza che è con me, nella notte e nel giorno. La percepisco fisicamente. Quando, dopo il primo periodo di adattamento al deserto io non sono più “nel” mondo, ma sono “il “ mondo, il pensiero rallenta ed assume nuove forme. Non più causali, razionali, ma simboliche, analogiche. Nel passaggio dal pensare al sentire io avverto la Presenza e la Presenza parla il linguaggio degli eventi della natura. Un temporale, una pozza d’acqua, un insetto...sono accadimenti significativi, manifestazioni, segni di un destino che si deve compiere e che può compiersi solo con l’aiuto di Dio. Io affermo che le mie imprese avvengono in solitaria, ma non sono mai sola realmente. La Presenza è con me, in me, nella natura che mi circonda. Reale, quasi tangibile. Per me non si tratta più di “credere”, ma “vivere” l’esperienza del divino. Qualcuno dice che in fondo io vivo un’illusione, proietto l’immagine del divino che è in ognuno di noi...Sarà! Io non mi sento così potente. In questo caso anche al “ No limits “ c’è un limite”.
Leggendo il libro “Deserti” che hai da poco pubblicato sono rimasta profondamente colpita dall’intensità delle tue “immagini del silenzio”. Scorrendo fra le righe con attenzione fluttuante (scusa, non è un modo per esprimere disattenzione, è solo deformazione professionale) scopro che il deserto viene da te percepito simbolicamente in due modi. Da un lato esso è il Principio originario, l’ indistinto, l’indifferenziazione della materia, inizio e fine di ogni esistente, dall’altro esso sembra rappresentare il Nulla, l’estensione superficiale e sterile della materia stessa, la vita cieca di ogni giorno, i percorsi inutili, i passi perduti, al di là dei quali va ricercata la vera Realtà, che è vita, gioia, amore. Ma la Realtà, oltre la quale non esiste nulla se non miraggi ed illusioni, può essere ritrovata solo attraverso una radicale esperienza spirituale. Ed è un’”illuminazione” infatti che ti ha consentito di intraprendere il tuo primo viaggio, di vedere al di là delle apparenze, di volere al di là di ogni timore, di percepire al di là di ogni limite. Attraversare il deserto con umiltà e consapevolezza, con amore e grazie all’amore, così come tu hai fatto, è una straordinaria esperiemza estrema. Tu scrivi nell’ ultima pagina del tuo libro “ Come le volte precedenti è stato l’amore la chiave vincente. L’amore per il deserto, per gli animali, per il proprio sogno, ma questa volta si è aggiunto anche l’amore per la vita: la vita è gioia... Non posso fare altro che diffondere il messaggio (che mi è stato insegnato) augurandomi che gli uomini che lo ricevono riescano a comprenderne l’immenso valore.”
Cosa hai appreso nel deserto circa la vita , la morte, l’amore ?
“L’amore e l’equilibrio sono le chiavi della vita. Nulla accade senza amore e senza rispetto per sé e per gli altri. Nel dolore e nella sofferenza fisica ho appreso che la vita è gioia e va colta interamente. Bisogna essere protagonisti del proprio destino”.
Allora potremmo dire che il modo migliore per predire il proprio futuro è progettarlo?
“Credo di sì. Credo che se fossimo più sensibili e coscienti forse potremmo progettare anche la nostra morte. Come i boscimani, che si allontanano serenamente dal gruppo quando è giunta l’ora. Il mio obiettivo estremo è forse questo. Abbandonare con gioia la vita quando la vita si sarà compiuta, senza essere di peso agli altri, senza rimpianti, senza cieco attaccamento a ciò che in fondo non mi appartiene. E poi vorrei le mie ceneri sparse nel deserto e nel mare, perchè nel deserto ho scoperto la vera Realtà, ma nel mare ritrovo le mie origini, la Sorgente. Come vedi...non solo l’estremo...ma da un estremo all’altro!”
L’infinito mare di sabbia parla alla mente, al corpo ed allo spirito dell’uomo, ma si concede solo a chi è profondamente attento a sé ed alle leggi della natura, a chi conosce l’ “amore”, che è “grazia”, “illuminazione”, “gesto consapevole”. Mente e corpo imparano che senza profondo equilibrio ogni impresa è vana, ogni dibattersi inutile, ogni “record” privo di senso. Lo spirito riconosce la supremazia del Silenzio: niente esiste senza di esso, tutto esiste in esso. E’ questo, Carla, il tuo “centro di gravità permanente” ? E’ questo silenzioso richiamo che ti spinge a nuovi percorsi, nuove imprese, oltre ogni limite?
“Direi di sì. Il mio “centro di gravità permanente” è l’interiorizzazione di una Presenza silenziosa, eterna, onnipresente, che parla il linguaggio universale della gioia e dell’amore. Tutto il resto è relativo e quando lo stress cerca di travolgermi , e a volte ci riesce..., io cerco il me il tempo senza tempo della vita, l’equilibrio, l’armonia, la musica della natura. Allora so che la mano di Dio mi protegge, sempre”.
L'eternità
Italia: la crisi che potrebbe diventare virale
Il coronavirus minaccia di trasformare la crisi economica e finanziaria italiana in una crisi globale.
Il coronavirus sta precipitando l’Italia in una crisi economica e finanziaria che ha il potenziale di innescare un caos finanziario mondiale.Il principale anello debole della catena economica globale è l’Italia, che nel 2019 era già sotto forte tensione e ora sta minacciosamente cedendo dinanzi ad altri cruciali problemi globali: Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania.
Anche se nei prossimi mesi il coronavirus (ufficialmente Covid-19) sarà contenuto, è già alle porte una crisi finanziaria che si irradierà dall’ epicentro italiano. Eppure i leader europei sembrano procedere come se fosse tutto normale. Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea (BCE), afferma che il coronavirus non è ancora tale da causare “uno shock di lunga durata“. Il suo staff e quello di Paolo Gentiloni, commissario europeo all’economia, stanno ancora valutando la gravità del problema, indulgendo in una pericolosa noncuranza. La BCE e i governi europei non riescono ad affrontare il pericolo rappresentato da una crisi finanziaria italiana. E non c’è più tempo per prepararsi allo sforzo globale che sarà necessario per contenerne conseguenze.
Il punto di rottura dell’economia e della finanza italiana
Nei due decenni da quando l’Italia ha adottato l’euro, gli italiani sono diventati più poveri. L’economia del paese permane in una recessione economica quasi perpetua.
Il sistema politico disfunzionale italiano dà la sensazione di un temporary fast-pizza. Per quasi mezzo secolo, i governi italiani hanno mancato di investire nel futuro del Paese. Tutti comprendevano che l’Italia avrebbe avuto difficoltà a sopravvivere senza la stampella della sua lira flessibile, che di tanto in tanto si deprezzava. Ma l’arroganza dei leader europei ha portato l’Italia nella morsa della zona euro, dove l’euro è troppo forte per l’economia italiana, e l’interesse reale – il tasso di interesse corretto per l’inflazione – è troppo alto per un’economia che non cresce.
Il coronavirus ha colpito l’Italia in modo crudele, non solo in termini di vite umane in pericolo, ma perché minaccia di paralizzare le regioni della Lombardia e del Veneto, poli produttivi che negli ultimi due decenni hanno evitato all’economia italiana un destino economico ancora più cupo.
Le vulnerabilità finanziarie dell’Italia sono enormi. Il peso del debito pubblico italiano, pari a circa 2.400 miliardi di euro, è maggiore di quello tedesco, che ammonta a 2.000 miliardi di euro. Il rapporto debito / PIL del governo italiano è aumentato inesorabilmente. Il sistema bancario italiano è seduto su un gigantesco cumulo di attività finanziarie, pari a circa cinquemila miliardi di euro. Mentre le molte banche italiane in crisi hanno venduto (spesso per pochi centesimi) gran parte dei prestiti in sofferenza che i loro mutuatari non stavano rimborsando, la redditività delle banche risulta anemica a causa dei tassi di interesse estremamente bassi e poiché i mutuatari sono ancora in difficoltà, in un ambiente a crescita zero. Il rapporto tra valore di mercato e valore contabile del patrimonio netto anche delle banche più forti d’Italia – Intesa Sanpaolo e UniCredit – rimane ben al di sotto di uno, il che implica che i mercati ritengono che alla fine gran parte delle attività detenute da queste banche saranno cancellate.
Le cose peggioreranno
Il coronavirus ha colpito l’economia globale in un momento in cui era già debole. E la malattia attacca i deboli ancora più ferocemente.
L’Italia e le altre economie europee – dipendenti in maniera decisiva dal commercio globale – sono state sottoposte a un crescente stress economico sin dall’inizio del 2018, quando il commercio mondiale ha iniziato a rallentare (vedi il grafico sotto). Il rallentamento del commercio mondiale, a sua volta, è stato la conseguenza della decisione del governo cinese di smettere di pompare il suo sistema finanziario interno per paura che la proprietà immobiliare e la vulnerabilità finanziaria potessero sfuggire pericolosamente di mano. Come l’economia cinese – con la sua enorme presenza nel sistema del commercio globale – si è raffreddata, il commercio mondiale ha iniziato a rallentare. Nel 2019 la guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti ha ulteriormente rallentato la crescita del commercio mondiale, spingendo le economie europee in condizioni quasi recessive. Pertanto, la situazione economica globale, e in particolare quella europea, era già precaria ben prima che il coronavirus colpisse.
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Il coronavirus ha ribaltato in tutta evidenza il ruolo dominante della Cina nel commercio mondiale. La Cina è il nodo chiave nella catena del valore aggiunto globale. Le fabbriche cinesi producono le componenti dell’industria meccanica ed elettrica, nonché gli ingredienti dell’industria farmaceutica, necessari per mantenere attive le fabbriche del mondo. Con l’arresto dell’attività di diverse fabbriche cinesi, i produttori di tutto il mondo – specialmente in altri importanti centri di produzione che si affidano alla Cina – sono a rischio di fermarsi. Già le fabbriche automobilistiche in Corea del Sud, nell’impossibilità di procurarsi le componenti prodotte dalla Cina, sono in sofferenza. Del resto, la diffusione del coronavirus nella Corea del Sud interromperà la produzione delle sue fabbriche di semiconduttori e altre componenti elettroniche, interrompendo le forniture ai produttori che assemblano prodotti di consumo e industriali.
In Europa, la Germania, tradizionale ancora della salute economica europea e arbitro della contrattazione politica in Europa, è ad alto rischio. Nel 2019, l’economia tedesca ha ripetutamente sofferto del rallentamento del commercio mondiale e dell’accelerata contrazione della sua industria automobilistica, poiché i consumatori si sono allontanati dalle vantate auto a combustione interna tedesche, rendendo tecnologicamente obsoleto gran parte di un ecosistema industriale incentrato sulla produzione automobilistica. Ora che, nella prima metà del 2020, l’economia cinese si contrae, i produttori tedeschi di automobili e macchinari perderanno il loro mercato più ricco degli ultimi anni. E con il contrarsi dell’economia tedesca, molti produttori italiani sostenuti dalle vendite in Germania ne soffriranno.
Mentre Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania sono in grado di gestire una contrazione economica di sei mesi, l’Italia no. Se scivola dal suo attuale torpore, economico e politico, verso una profonda contrazione economica, l’Italia non ha alcuno spazio fiscale né finanziario. Il rapporto debito pubblico / PIL aumenterà rapidamente, spingendo verso l’alto i tassi di interesse e rendendo l’onere del debito ancora più pesante. Il caotico sistema bancario dovrà affrontare perdite che non può sopportare e che il governo non può sostenere. I fallimenti del settore pubblico e privato in Italia provocheranno il default dei creditori, innescando una voragine globale di insolvenze.
Un’Europa litigiosa
Nel 2010 i membri della zona euro sono riusciti a far fronte alla crisi finanziaria. Ma i paesi in crisi – Grecia, Irlanda e Portogallo – erano piccoli. A quel tempo, anche il debito del governo spagnolo era solo un terzo del debito del governo italiano. E la Germania, l’alfiere salvatore, era al culmine della sua forza economica e politica. La cancelliera tedesca Angela Merkel, sebbene di una lentezza esasperante nella risposta, è riuscita comunque a mantenere a galla la nave della zona euro.
Oggi gli europei stanno combattendo al centesimo sul prossimo bilancio UE. Sulle questioni critiche della migrazione e sulle risposte strategiche a Cina, Russia e Stati Uniti, le divisioni sono palpabili.
La Germania, un tempo leader europeo, è in condizioni precarie. Mentre la sua economia lotta in mezzo a grandi difficoltà, c’è anche un grande punto interrogativo che incombe sul futuro della gigantesca Deutsche Bank, sommersa dagli scandali, con la vigilanza statunitense e britannica che la monitorano costantemente per frode e riciclaggio di denaro. I mercati ora valutano le attività di Deutsche Bank a un terzo del valore registrato nei libri contabili della banca.
Tutto ciò è esacerbato dalla politica aspramente frammentata della Germania. Come leadership finanziaria, la Germania era considerata l’unica scelta possibile. Ora, con una Merkel cancelliera zoppicante in una nazione politicamente a pezzi, non c’è nessuno che possa assumere il ruolo che i cancellieri tedeschi hanno svolto in passato, imponendosi di autorità. E nessun altro ha la statura politica o finanziaria per ricoprire questo ruolo, men che meno il divisivo e instabile presidente francese, Emmanuel Macron.
In una crisi economica e finanziaria italiana, i farraginosi meccanismi di salvataggio finanziario dell’UE saranno testati senza pietà. Qualsiasi operazione di salvataggio richiederà, come primo passo, un programma che metta al governo italiano uno stretto e umiliante guinzaglio fiscale. I leader dell’UE hanno bullizzato la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo perché accettassero una tale subordinazione politica. Gli italiani si piegheranno allo stesso trattamento e accetteranno le stesse condizioni?
Se la politica italiana non sarà in grado di approntare al suo interno una difesa credibile, la BCE, andando contro le norme concordate, sarà comunque tentata di usare il suo potere di emissione di moneta per sostenere il governo italiano e il sistema finanziario del paese? Oppure, come è più probabile, la BCE rimarrà paralizzata? Infatti, con una una crisi che si avvita a spirale e un crescente panico nei mercati, i tedeschi e gli altri Stati membri “settentrionali” dell’Eurozona manterranno il controllo del consiglio direttivo della BCE. Si preoccuperebbero che, se la BCE finanziasse l’Italia e gli italiani non rimborsassero la BCE, i contribuenti degli stati del Nord si potrebbero trovare gravati da un onere di dimensioni tali che persino i loro governi, apparentemente forti, sarebbero sottoposti a un grande stress fiscale e a un downgrade del loro rating.
Tempo per un’azione globale
Sia chiaro, siamo giunti a un momento cruciale della storia economica globale. Tutte le operazioni di salvataggio sin dalla crisi finanziaria globale ed europea hanno esaurito la potenza di fuoco delle banche centrali. Dappertutto, la ripresa economica si è rivelata molto più debole rispetto alle crisi precedenti. Gli osservatori hanno riconosciuto a malincuore che le prospettive di crescita a lungo termine nei paesi avanzati e in gran parte dei paesi in via di sviluppo sono nettamente diminuite. L’epicentro italiano si trova in una condizione economica e finanziaria molto più fragile che in qualsiasi altra fase dal dopoguerra.
Oggi, solo il sistema della Federal Reserve statunitense può iniettare un modesto stimolo monetario. I governi farebbero bene a coordinare uno stimolo fiscale globale attraverso un aumento della spesa e tagli fiscali per sostenere l’economia internazionale. Ma uno stimolo della Fed e misure fiscali nazionali da sole non saranno sufficienti.
Ben prima che inizi lo stimolo monetario o fiscale, ci sarà un momento di resa dei conti. Questa sarà la scelta. Gli stati membri del Nord UE potrebbero concordare di pagare per l’Italia, con la consapevolezza che dovranno tenere i loro libretti degli assegni aperti per molto tempo, infliggendo danni significativi, anche duraturi, ai propri conti pubblici. Oppure potrebbero indietreggiare, sperando che il problema scompaia. In tal caso, il sistema finanziario italiano potrebbe crollare in caduta libera, causando dei default a cascata nei circuiti finanziari di tutto il mondo. La crisi andrà quasi certamente oltre la possibilità di gestione dei membri dell’Eurozona.
Certo, il peggio potrebbe non arrivare mai. Ma in questo momento delicato, è essenziale essere preparati a livello globale a una risposta finanziaria su vasta scala. Non farlo sarebbe irresponsabile.
[Fonte: http://vocidallestero.it/2020/03/02/ashoka-mody-italia-la-crisi-che-potrebbe-diventare-virale/?fbclid=IwAR3rkKMDI-XupPQZS03wDghslZhVriEpzVs-GtG_no04L_LqzkLMIx-m-Sg]
IL MESTIERE DELLE ARTI
‘Il Mestiere delle Arti’ 1
L’iniziativa, rivolta ad una selezione di artisti esordienti in Emilia Romagna, delinea un modello sperimentale di formazione avanzata nell’ambito dell’arte contemporanea.
Docente di Arte e Psicoanalisi presso Il Corso Superiore di Formazione Artistica “Il Mestiere delle Arti”, Emilia Romagna.
Intervista e Ulay: Sotto la mia pelle
Un amore che si era fatto arte.
Uno sguardo lucido , colto, ironico e storico sul Corona Virus .
E' probabile che la giusta precauzione si sia trasformata in preoccupazione, poi in paura e ora in panico. Torna in mente il libro che scrisse nel 1841 il giornalista scozzese Charles Mackay "Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds". Esiste una follia delle folle. Ma è questa determinata da sedimenti ancestrali nella coscienza di queste folle. I tedeschi hanno paura più dell'inflazione che del virus, i francesi dei gilet gialli nella rivolta delle province e degli islamici nelle periferie urbane, quelli descritti in Soumission da Michel Houellebecq. La paura è talvolta procurata dalla letteratura, se è tuttora vero che la memoria dei Promessi Sposi rimane, malgrado la disattenzione scolastica, ancorata nell'animo degli italiani. La peste del 1630 narrata dal Manzoni, quella che portò alla caccia agli untori e alla crudele morte di Gian Giacomo Mora ricordata dalla Colonna Infame (altro testo manzoniano), rimane viva nella coscienza collettiva. Ai Settala, padre e figlio scienziati, che furono allora maltrattati dalla folla per averne indicato i rischi, Milano giustamente ha dedicato una strada.
E così tornano ad ossessionare le menti quei fantasmi che la Storia tiene sempre vivi. Torna la peste che fece morire Tiziano e suo figlio Orazio nell'estate del 1576, quando i nobili fuggivano da Venezia verso le loro ville di campagna e i contadini li uccidevano coi forconi per evitare il contagio. Col figlio già morto e lui stesso ammorbato, Tiziano dipinse da grande vecchio il più patetico e ultimo dei suoi capolavori, quella Pietà destinata alla propria tomba ai Frari, che non riuscì ad ultimare e che fu completata da Palma il Giovane.
Una mostra che sfiora il Sublime: Simone Galimberti, a cura di Philippe Daverio
Il delicato suono del silenzio
La natura morta non è mai morta.
Questa pratica compositiva già in uso dagli antichi romani con gli esempi poetici delle pareti di Pompei continua nei secoli a stimolare la fantasia della creatività.
Fu barocca negli anni del XVII secolo, quando esaltava la ricchezza e l’agio, promuoveva i frutti nuovi approdati dal mondo intero ed era pure monito del panta rei, dello scorrere inesorabile della vita.
Era stimolo per una pittura fine a se stessa, per un’estetica dove le presenze e i vuoti, o colori vivaci e i fondali scuri corrispondevano in verità alla prima sperimentazione per gli equilibri della successiva arte astratta.
Oggi torna alla ribalta non solo come studio dei rapporti fra vuoti e pieni delle composizioni ma soprattutto come terreno di riscoperta della pittura, della pennellata, dell’impasto dei colori.
E Simone Galimberti di questa strada al contempo così antica e così attuale è un curioso e vero interprete.
Testo di Dott. Porf. Philippe Daverio